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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2012 alle ore 18:29.

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«La finanza comportamentale? È affascinante, stimolante. Ma non investirei i soldi dei miei clienti basandomi sulle emozioni di persone che seguono i fatti in maniera passiva. Perché i consumatori non incidono veramente. Sono consequenziali: se pensano di avere meno possibilità di spendere, spendono meno».

Carlo Gentili, amministratore delegato di Nextam Partner, si autodefinisce «un gestore fondamentalista, quasi khomeinista». E infatti per commentare i risultato del Derwent Capital (si veda l'articolo a fianco) non usa molti giri di parole: «Non ho dubbi sul fatto che queste tecniche sfruttino sofisticati modelli matematici. Nello stesso tempo, però, ho la sensazione che questi modelli siano male impiegati: perché si basano su dati emotivi. Trovo singolare investire le migliori intelligenze matematiche per calcolare l'emotività di quello che volgarmente si chiama il "parco buoi", quando sarebbe più utile impiegare le stesse capacità nell'analisi dei dati dell'economia reale».

Carlo Gentili articola così il suo punto di vista: «L'economia va in maniera diversa da come la viviamo personalmente». Quello che conta davvero «è sapere quali saranno le strategie e gli investimenti delle grandi industrie: sono loro che guideranno le aspettative del consumatore medio». La finanza comportamentale non interessa a Gentili, neppure in questa nuova versione che sfrutta la ricchezza delle relazioni presenti sui social network. E che studiando l'umore della rete riesce a fare proprio quello che vorrebbe fare il gestore «fondamentalista»: prevedere l'andamento dell'economia reale. E poco importa se il fondo Derwent Capital è riuscito, anche se nel breve termine, a fare meglio del mercato.

Questo è uno degli aspetti su cui i matematici concentrano la maggior parte delle attenzioni. Stefano Marmi, professore ordinario di sistemi dinamici alla Scuola normale superiore di Pisa, conosce bene la ricerca condotta dai suoi colleghi dell'Indiana University. Anche lui è attratto dall'idea di poter fare quello che solo cinque anni fa era impensabile: analizzare terabyte di informazioni presenti in rete e collegarle all'andamento dei mercati. Ma ammette: «Una verifica sulla bontà di queste tecniche potrà essere fatta solo sul lungo periodo: occorrono anni prima che ci sia un'evidenza statistica minimamente attendibile. Per dare un giudizio fondato, non bastano i risultati ottenuti fin qui».

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