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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2012 alle ore 15:36.

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Una cascina appena ristrutturata fuori Piacenza, a casino Mandelli. Classica architettura lombarda di due secoli fa. Ma dentro 15 ricercatori lavorano nelle "clean room" e su macchine di frontiera a un obiettivo ambizioso. Entro due-tre anni produrre chip fotovoltaici da record, capaci di trasformare il 45% della luce solare ricevuta in corrente elettrica (oggi un pannello standard arriva al 18%). E soprattutto lavorare su luce concentrata pari a 500 o persino mille soli equivalenti.

È l'anima dell'investimento avviato lo scorso novembre dall'Rse, Ricerca di sistema energetico, il centro pubblico (ex Cesi-ricerca) controllato dal Gse, e dedicato agli studi a lungo termine sulle frontiere dell'energia. «Il nuovo laboratorio di Piacenza fa parte di un progetto europeo, Apollon, che ha ormai due anni – spiega Stefano Besseghini, amministratore delegato di Rse –. È un programma con 16 partner e da 12 milioni di euro su 5 anni di cui Rse è il coordinatore. L'obiettivo è sviluppare sistemi fotovoltaici a concentrazione e ad alta efficienza a costi competitivi con i pannelli tradizionali. E aprire anche una nuova partita industriale, europea, su un fotovoltaico ormai dominato dalle produzioni cinesi».

Di che si tratta è presto detto: i chip solari prodotti a Piacenza sono piastrine translucide di due millimetri quadrati. Piccolissime. Ma sopra di loro sistemi ottici a lenti e specchi concentrano la radiazione solare mille volte. La dissipazione del calore deve essere perfetta. E il supporto deve muoversi con precisione sull'allineamento al sole, non superando scostamenti di due gradi. In queste condizioni il sistema a concentrazione può produrre energia elettrica, per ogni chip solare, con un rapporto pari a sette metri quadri di pannelli tradizionali. «Con un risparmio di spazio, alta produttività solare e insensibilità alle variazioni di temperatura tali da rendere questa tecnologia molto allettante – spiega Besseghini – soprattutto per chi vuole produrre energia da rinnovabili su vasta scala, come imprese o utilities».

C'è però un problema di costi. Nei primi due anni Apollon ha lavorato sull'ottimizzazione delle tecnologie esistenti (micro-solari, ottiche, meccanica di precisione). «Ora però si tratta di andare oltre, fino a raggiungere l'obiettivo di due euro per watt, dai sette-otto attuali. A quella soglia il fotovoltaico a concentrazione comincerà a "mordere" sul mercato reale», prevede Besseghini.

Nelle camere bianche di Piacenza i ricercatori lavoreranno, su una macchina di frontiera, alla deposizione sovrapposta di multipli strati di differenti materiali (a base di Indio, Gallio, Arsenico, Germanio e Silicio) capaci di catturare fotoni da tutte le principali frequenze della luce solare e trasformarli in elettroni. Obiettivo: superare il record di efficienza di queste celle solari multistrato (oggi al 35% in produzione e 42% in laboratorio) fino a raggiungere il 45 per cento.

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