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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 18:33.

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La specialità della Apple è innovare non solo gli strumenti digitali che propone ma anche i sistemi socio-economici che li adottano. È successo nella musica, con iPod-iTunes. È successo nella telefonia, con iPhone-AppStore. Ora con l'iPad-iBookstore tenta di avere conseguenze analoghe nell'editoria.

I giornali hanno colto presto il messaggio. I giochi anche. Ma occorreva alzare l'asticella e la qualità generale dei prodotti. E la scelta dell'editoria scolastica era coerente: perché la Apple ha una tradizione nelle scuole e perché il tablet si presta alla fruizione di testi ricchi di contenuti interattivi, colorati e divertenti, con una funzione formativa forte, proposti con uno strumento facile da usare e trasportare, con un mercato online già pronto. La Apple aveva pensato anche all'iBooks Author, il software per facilitare gli autori nella produzione, distribuzione e vendita di libri di testo. Successo assicurato?

Per la verità, accanto agli abituali commenti ammirati, questa novità della Apple ha raccolto anche reazioni negative. Per la licenza di iBooks Author che obbliga chi lo usa a vendere solo attraverso il negozio della Apple. E per la piattaforma chiusa che piace poco nell'ambito di un mestiere ad alto potenziale sociale e valoriale come l'educazione.
Che cosa resterà? La Apple non punta al monopolio ma a sfruttare il vantaggio competitivo dell'innovatore. Altre piattaforme arriveranno - in parte ci sono già - a calmierare i prezzi e ad aprire le piattaforme. E la Apple avrà avuto il merito di accelerare anche l'innovazione degli altri.

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