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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 14:59.
Le smart community sono un pilastro dell'Agenda digitale, annunciata dal governo all'inizio del mese. Ma progettare la loro relazione con il territorio è una partita aperta. Il progetto di Smart Digital City guarda all'Expo2015. Attraverso connessioni in banda larga wi-fi abiliterà interazioni di realtà aumentata attivate da codici Qr e capaci di mostrare gli ambienti esplorati dai visitatori in rappresentazioni tridimensionali. Sarà accessibile la videocomunicazione evoluta mediante telepresenza mobile, a partire da dispositivi come i tablet, e facilitata dai tag wi-fi. Un biglietto elettronico semplificherà l'arrivo negli spazi espositivi.
Diventerà, quindi, una nuvola di "enabling tecnologico". Che include un braccialetto elettronico per ricevere assistenza sanitaria in tempo reale e un chiosco per il contatto diretto con un operatore a distanza. Saranno sperimentati occhiali da indossare e predisposti per la realtà aumentata. La platea è un pubblico di un miliardo di visitatori che arriverà attraverso internet con la piattaforma "cyberexpo". Ma fino al 2015 lo scenario potrebbe ancora cambiare. «La strategia smart connected communities va in direzione di favorire lo sviluppo economico e l'inclusione sociale: vede coinvolti attivamente i cittadini», ricorda Fabio Florio, Expo 2015 Leader di Cisco Italia, la divisione del colosso impegnato nello sviluppo delle infrastrutture di telecomunicazione, grazie anche al know-how dei suoi laboratori di Monza.
Quello delle smart communities è un settore in fermento. Finora sono emersi soprattutto spazi online dove i cittadini inviano segnalazioni sul degrado, ad esempio relative ai graffiti disegnati sui muri o alle buche in strada. Eppure i percorsi aperti sono altri. «Iniziamo a ragionare su servizi propositivi per situazioni di aggregazione, mettersi al servizio degli altri per fare cose, condividere forme di logistica, oppure creare forme di massa critica last minute su possibilità commerciali», dice Anna Meroni, professore associato di service design alla Scuola del Design presso il Politecnico di Milano.
Alcuni hanno aperto la strada con progetti di "consumo collaborativo". Bicincittà è una rete per il bikesharing, diffusa soprattutto al Nord: ha attivato un modello di partnership con i Comuni dove consente il noleggio di biciclette. E arriva nelle province che non possono avviare programmi cittadini, come invece è avvenuto a Milano con «BikeMi» o a Roma con «Roma 'n bike». Non si tratta, però, di successi come il canadese Bixi, arrivato a un utile netto di 1,5 milioni di dollari. Anche le applicazioni software abilitano le smart communities attorno alla mobilità urbana: «Orario treni» funziona su sistema operativo Android e la sua versione a pagamento risulta tra le più scaricate nel negozio del sistema operativo di Google. Alla sanità nazionale guarda Pazienti.org: si tratta di uno spazio online dove i cittadini possono valutare le strutture sanitarie e scambiarsi consigli in una community orizzontale. È inoltre un luogo per porre domande.
E ancora: esplora l'economia solidale Shinynote, uno spazio per finanziare piccoli progetti con un design simile a Pinterest, la bacheca online dove le persone condividono immagini, affiancate da commenti e voti. Funziona a partire da microdonazioni: ha sostenuto piccole iniziative di imprenditoria sociale e aiuto reciproco, come viaggi culturali e organizzazioni tra volontari per aiutare i senzatetto. Adopera il meccanismo del crowdfunding. Per la formazione un punto di riferimento è, invece, Wikibooks: oltre ai manuali, riunisce libri in pubblico dominio, come i classici della letteratura. Che in questo modo sono a portata di mano. Ha una lunga storia, invece, Openpolis: abilita la collaborazione per raccogliere informazioni sulla politica e la pubblica amministrazione. Nei suoi archivi racchiude anche i discorsi in Parlamento. È un tesoro di dati accessibile per la consultazione che ha incentivato l'analisi statistica sull'attività di Camera e Senato.
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