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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 18:15.

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Nella scalata che porta l'aspetto esteriore dei robot a essere sempre più vicino a quello umano, mi sono accorto che per quanto riguarda il senso di familiarità nutrito dalle persone nei confronti di tali robot, si osserva una relazione simile alla sopraddetta valle. In seguito, ho chiamato questa valle 'valle del perturbante'.
La valle del perturbante si sviluppa come il grafico (si veda grafico in pagina, ndr) mostra. I robot a uso industriale e simili sono posti in basso a sinistra nel grafico: pur ricordando solo nel movimento dei bracci il movimento dell'uomo, nell'aspetto esteriore non assomigliano per nulla a esseri umani. È molto raro che le persone nutrano un senso di familiarità verso questo aspetto esteriore. Se si parla di robot giocattolo o dei recenti robot semoventi, si sale verso la parte destra del grafico. L'aspetto esteriore assomiglia a quello umano e, in risposta a questo, aumenta anche il senso di familiarità.

Tuttavia, nel punto in cui l'aspetto dei robot ha raggiunto un altissimo livello di somiglianza con l'uomo, c'è una grande valle che aspetta al varco. Molti di voi, credo, avranno avuto occasione di vedere a una fiera quella che chiamiamo una statua di cera. Non vi ha forse preso un senso di disturbo? Oppure le mani prostetiche per i portatori di handicap: hanno compiuto sensibili progressi, fino a presentare sul dorso le escrescenze di tendini e vasi sanguigni, mentre sulle dita si possono vedere le unghie e persino le impronte digitali. Come impressione generale, si può dire che l'aspetto degli arti artificiali è progredito fino al livello di differenza che si riscontra tra denti autentici e una dentiera. Ciò nonostante, questo tipo di mano prostetica a un primo sguardo si mostra come una mano vera, ma per contro, proprio per questo motivo ‐ i portatori di handicap non me ne vogliano ‐ non appena ci si accorge che è finta, si è assaliti da una sensazione di disturbo. Se si prova a stringere la mano, per esempio, la stretta flaccida di arto senza ossa unita alla sensazione di freddo al tatto ci sorprende come un brivido gelido. Quando si giunge a questo punto, il senso di familiarità passa in negativo e non si può che definire come inquietante. Questa è la valle del perturbante.

Le marionette del bunraku, viste da una minima distanza, non mi viene da pensare che posseggano un grado poi così alto di somiglianza all'uomo. Vuoi per la grandezza, vuoi per la grana della pelle, non raggiungono il livello della mano più sopra descritta. Però, qualora si osservino dal posto dello spettatore, il grado di somiglianza complessivo (che comprenda, dunque, anche il movimento di occhi e mani) non è forse estremamente vicino a una persona vera? Qui si potrà dire, anche a causa del fatto che le persone si esaltano per l'arte che queste producono, che il senso di familiarità è forte.
Ciò che ho cercato di esprimere finora, in sintesi, è questo: se si accresce senza riflettere il grado di somiglianza, quando si è giunti a una notevole somiglianza con gli esseri umani il senso di disturbo di colpo fa la sua comparsa e si precipita nella valle del perturbante. Per questo motivo c'è bisogno di avvertimenti per evitare di ricadervi.

Recentemente, alcuni produttori di robot semoventi si sono accorti dell'esistenza della valle del perturbante e stanno applicando soluzioni di design per evitarla: ecco, credo che questo sia un buon passo avanti. Con ciò, spero che i lettori abbiano compreso la nozione di ciò che chiamo valle del perturbante. A seguire, quindi, proverò a indagare ancora più a fondo la relazione tra 'movimento' e 'valle del perturbante'.
Il movimento costituisce la vita del robot. Tuttavia, se il fattore movimento si viene ad aggiungere, la montagna del grafico si fa ancora più alta, e dall'altra parte, la valle del perturbante raggiunge una maggiore profondità. (...)Per esempio, un robot a uso industriale in cui non sia inserita la corrente e che se ne stia immobile, altro non è se non un semplice macchinario oleoso. Ma quando vi si inserisce il programma adatto ed esso prende a muoversi con agilità come una mano umana, diventa per noi possibile nutrire, a un certo livello, un senso di familiarità.

Al contrario, qualora il movimento si aggiunga alla mano prostetica situata nella valle del perturbante, quello stesso fattore di disturbo diventerebbe ingestibile. Poiché un arto artificiale di per sé ha già questo effetto, qualora diventi anche un robot, l'elemento perturbante si farebbe sempre più forte. (....)
Per quanto mi riguarda, auspico che i robot d'ora in poi prodotti non cadano in questa valle del perturbante. Forse, piuttosto che innalzare il grado di somiglianza e incappare in una situazione di pericolo, mi sentirei di consigliare una posizione prossima alla sommità della montagna posta a sinistra della valle del perturbante, tale per cui con un moderato grado di somiglianza si possa ottenere un notevole senso di familiarità. Anzi, esiste la possibilità di creare un sicuro senso di familiarità posizionandosi sull'asse di una dimensione altra, differente dalla somiglianza: vale a dire mediante un design che intenzionalmente non ricordi l'essere umano. Un esempio perfetto sono gli occhiali. Grazie a un design che non li faccia somigliare a occhi, si può ritenere, a mio parere, che essi come risultato abbiano creato degli occhi dotati di attrattiva. Mi auguro che questa direttiva diventi un importante riferimento per il design di robot in futuro.

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