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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2012 alle ore 15:31.

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Il mantra della comunicazione politica nella cosiddetta Seconda repubblica è stato: «Vai in televisione». La televisione non è stato "un" mezzo, ma è stato "il" mezzo" degli ultimi 20 anni. Controllare la tv equivaleva a controllare l'opinione pubblica.

Anche se un po' enfatizzata, senza dubbio questa pulsione aveva un fondo di verità. La televisione ha avuto (e continua ad avere) un ruolo centrale nella formazione dell'opinione e del dibattito pubblico. Ma sono cambiate molte cose, in un tempo tutto sommato breve.
Il ruolo della rete si è conclamato all'incirca un anno fa, con la campagna per le elezioni amministrative (in particolare a Milano, con Pisapia) e soprattutto con la campagna referendaria, che ha reso evidente a tutti la capacità di passare dal virtuale al reale, dando un contributo indispensabile al raggiungimento del quorum.

Oggi tutti i politici, dopo essersene accorti in ritardo, enfatizzano l'attenzione alla rete. Il nuovo mantra è «vai su Twitter». Però il rapporto dei partiti tradizionali con la rete rimane ancora arretrato: ci sono singoli esponenti e formazioni politiche che hanno una relazione intensa con il popolo del Web, ma i principali partiti non hanno ancora strutturato una strategia comunicativa adeguata. Siti internet statici, blog non aggiornati, scarsa attenzione e interazione con i social network che assumono una funzione sempre più rilevante di formazione delle opinioni, di mobilitazione, di critica. Scarsissimo ancora l'utilizzo della rete come veicolo di fund raising, anche se la campagna di Obama ne ha chiarito il ruolo strategico.

È uno dei tanti segnali dell'arretratezza del sistema politico italiano. Andare su Twitter è strategico ma non basta. Anche per la rete serve una strategia di ampio respiro. Anche perché la rete è critica, controlla affermazioni e comportamenti. Costruire rapporti più stretti con il web fa bene: ci si abitua necessariamente a rendere conto di quello che si fa e in tal modo si contribuisce a far crescere il livello di partecipazione e di democrazia del nostro Paese.
Ceo Ipsos Italia

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