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Questo articolo è stato pubblicato il 02 giugno 2012 alle ore 19:03.

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Ripensare il servizio clienti, ascoltare le loro opinioni sui social media e su tutti i canali di comunicazione, non come reazione ma come pratica quotidiana per ripensare il modello aziendale intorno all'asset più importante: i clienti soddisfatti. Su questo tema Frank Eliason, senior vicepresident per i social media di Citibank, animerà uno dei keynote più attesi al Social Business Forum (a Milano il 4 e 5 giugno prossimi).

Eliason, noto per aver rivoluzionato grazie all'uso di Twitter e Facebook l'approccio al cliente del gigante della tv via cavo Comcast, per lungo tempo considerato uno dei peggiori esempi in termini di soddisfazione del cliente, ha raccolto in un libro da poco uscito negli Usa la sua esperienza. Nòva24 lo ha raggiunto telefonicamente a Philadelphia per una anticipazione dei temi del suo intervento.

Il suo nuovo libro è intitolato «@YourService», che significa «Al vostro servizio», in cui sostiene che i social media stanno cambiando il panorama del business. «I clienti oggi controllano l'immagine del brand. Le aziende vorrebbero che questi usassero i social media per diffondere informazioni sui propri prodotti, ma perché un utente dovrebbe farlo se la sua esperienza si rivela povera – spiega Eliason – . Le aziende hanno trascurato il cliente e ora questi hanno gli strumenti per farglielo sapere ad alta voce».

I social media giocheranno quindi un ruolo maggiore nel servizio clienti del futuro. «Molti mi accreditano come colui che ha introdotto il servizio cliente attraverso i social media. Nel mio libro definisco il servizio clienti un fallimento totale, non perché le aziende non lo offrano, ma perché intervengono quando costrette dai clienti. La questione è più complessa di un semplice servizio cliente social. Per anni le aziende hanno investito in strumenti di monitoraggio del passaparola, ma come hanno usato queste informazioni? Spesso per tutelare il brand o rispondere in situazioni di "alto profilo", ma non hanno ripensato il processo di assistenza per tutti i clienti. Questo atteggiamento fa passare il messaggio che per essere trattato diversamente (e in maniera migliore) devi attaccare il brand sui social media. L'ascolto deve invece generare un cambiamento reale» ammonisce Eliason.

Ma qual è l'ostacolo più grande nel migliorare il servizio ai clienti? «I social media evidenziano quale sia l'attuale cultura dell'azienda – spiega – . Si può cambiare, in tempi non brevi, e il vertice dell'organizzazione deve sposare la causa con convinzione».

Aprire un profilo Twitter o una pagina su Facebook è facile. Ma non è una condizione sufficiente per dare centralità al consumatore. «Ascoltare, ascoltare, ascoltare! L'ascolto non si deve esaurire sui social media, ma i clienti (e i dipendenti) vanno ascoltati su tutti i canali di comunicazione. Possono offrire all'azienda punti di vista preziosi. Un consiglio è seguire le conversazioni che coinvolgono brand simili insieme a quelli più rispettati».
Intanto le metriche si adattano ai cambiamenti velocemente mentre la cultura d'impresa si adatta più lentamente. «Nessuno presta veramente attenzione a questi dati. In termine di servizio clienti trasmettiamo un messaggio sbagliato.

Stiamo attenti al tempo per chiamata, a quanto si vende e il cliente si sente trascurato. Le è mai capitato di chiamare per un problema e qualcuno le ha prima cercato di vendere qualcos'altro? Capita spesso negli Usa ed è la ragione per cui nonostante tutti gli investimenti tecnologici a supporto del servizio clienti il tasso di soddisfazione medio sia ai minimi storici. Un paio di metriche che ho aggiunto sono state il numero di chiamate ripetute per cliente e sondaggi sulla soddisfazione del cliente. Poche aziende hanno compreso questo cambio di paradigma ed è preoccupante che molte di queste non investano a sufficienza per migliorare l'esperienza del cliente. Nonostante tutto siamo agli inizi».

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