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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2012 alle ore 15:01.

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Ci sono voluti 13,7 miliardi di anni, per arrivare fin qui. Dall'istante del Big Bang, quando materia e antimateria si annullano a vicenda lasciandosi alle spalle materia ed energia sufficienti per costruire un universo; dopo che i più leggeri atomi primordiali vengono cucinati nelle fucine stellari in atomi più complessi; dopo che in un pianetino di periferia quegli stessi atomi si organizzano per formare la Vita.

Infine, dopo che la vita diventa intelligente e s'ingegna a costruire il più grande esperimento scientifico di tutti i tempi, si arriva ai giorni nostri. Ma al Cern di Ginevra – ben al di là del Bosone di Higgs "catturato" di recente – quegli atomi arrangiati sotto forma di esseri umani, vogliono scoprire qualcosa di ben più grande: cos'è veramente successo 13,7 miliardi di anni fa. Il futuro, non lo conosciamo. Ma di sicuro l'Lhc – il Large Hadron Collider piazzato nelle viscere di Svizzera e Francia, un acceleratore circolare di 27 chilometri di circonferenza – deve ancora mietere il vero raccolto scientifico della sua esistenza. Per quanti anni ci vogliano, sarà comunque un batter d'occhio, nella monumentale timeline di questa storia.

L'acceleratore di particelle del Cern resterà acceso ancora qualche mese, fino a dicembre. Poi affronterà 20 mesi di manutenzione e aggiustamenti, prima di ripartire più veloce di prima. Eh sì, perché finora l'Lhc ha prodotto violenti scontri di protoni contro protoni con un'energia di 4 TeV (4mila miliardi di electronvolt), ma struttando metà della sua potenza, che è di 7 TeV. E siccome con la scoperta di Higgs – sulla quale si attendono comunque ulteriori verifiche e conferme – l'Lhc ha battuto il Tevatron del Fermilab di Chicago proprio perché era più potente, è facile capire che il bello deve ancora arrivare. Tantopiù che i cervelli del Cern stanno già progettando una futuribile escalation della sua potenza. Il nome c'è già: Super-Lhc. Il quale, intorno al 2020, potrebbe aumentare di dieci volte la luminosità dell'attuale esperimento scientifico planetario, voluto con lungimiranza dai 20 paesi europei che tengono in vita il Cern. Il quale, nato come Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire, oggi esiste soltanto per dare una risposta alle domande che originano da quegli eventi di 13 e passa miliardi di anni or sono.

Perché quando l'universo era in fasce c'era più materia di antimateria? Che cos'è quella materia oscura – così battezzata perché non la si vede – che compone il 23% del cosmo? Cos'è quell'energia oscura (il 73%), che consente all'universo di contrarsi invece di espandersi? Ma soprattutto: perché il Modello Standard della fisica delle particelle appare perfetto (e confermato dal bosone più chiaccherato del mondo) eppure la gravità ne resta fatalmente esclusa? Trovare una risposta a questa domanda era il sogno di Albert Einstein. Il quale, legittimamente, coltivava anche il sogno successivo: si possono unificare tutte le forze della natura in un'unica legge universale? I suoi successori sono andati avanti con le domande.

Le molte, possibili risposte sono meravigliose ed eleganti teorie matematiche: la cosiddetta «fisica oltre il Modello Standard», che va dalla Supersimmetria (c'è una particella "ombra" per ogni particella esistente) alla Teoria delle Stringhe (tutto quel che esiste è vibrazione di armoniche di energia). Ma con implicazioni inaudite, per il senso comune. Eppure non inverosimili. La M-Theory proposta da Ed Witten ad esempio, mirabile unificazione delle teorie delle stringhe, prevede che le dimensioni non siano quattro. Ma undici. E che l'universo non sia uno per davvero. Ma un «multiverso» che ne include una miriade. Ecco perché esiste il Large Hadron Collider: per rispondere a domande ancor più che ancestrali. «Ci aiuterà anche a porci le domande giuste – diceva tempo fa a Nòva Fabiola Gianotti, la fisica italiana che dirige l'esperimento Atlas dell'Lhc – perché sono quelle, che fanno avanzare il progresso scientifico».

L'Lch è costato circa 8 miliardi di euro e il Cern costa 850 milioni all'anno. Ma l'investimento non va guardato nel breve termine, come qualcuno potrebbe fare in tempi di crisi e d'austerità fiscale. Nell'ottica grandiosa dell'Evoluzione, sono quattro spiccioli spesi benissimo.

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