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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2012 alle ore 15:07.

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L'ente locale scopre il cinguettioL'ente locale scopre il cinguettio

C'è chi aggiorna con un tweet la situazione della viabilità cittadina o chi posta sulla bacheca le immagini delle webcam sull'allerta meteo. E c'è persino chi da un semplice check-in nella stazione suggerisce gli orari dei musei cittadini. Avanza – anche se con prudenza – la Pubblica amministrazione locale sui social network. Una lenta ma graduale rivoluzione digitale che coinvolge cittadini e operatori che approdano in rete.

I numeri registrano crescite esponenziali: 1.250 profili attivi su Facebook e 160 account su Twitter appartenenti a Regioni, Province e Comuni (la tweetlist aggiornata ma non ancora analizzata conta 225 antenne). A fotografare questo ecosistema digitale è Giovanni Arata, ricercatore e autore di uno studio che dal prossimo anno sarà condotto in sinergia con il Centro Nexa del Politecnico di Torino. Oltre alla presenza sui media sociali, si registrano anche 78 webtv della Pa accese in ogni angolo d'Italia, secondo la mappa dell'osservatorio Altratv.tv.

Prove tecniche di cinguettii e interazioni per la Pa locale. Non sempre efficaci ma con alcune eccellenze legate a prevenzione incendi, apertura degli uffici pubblici e convocazione delle assemblee. Nel 91% dei profili Facebook mappati si rilevano comunicazioni di pubblica utilità, mentre per l'85% vengono postati aggiornamenti su manifestazioni ed eventi. Meno frequente la condivisione di bandi e ordinanze (34%) e la comunicazione degli amministratori (11%). Esigue le "antenne" che operano in logica crowdsourcing, con i contenuti generati dai cittadini: sono soltanto 12, pari al 2 per cento.

Comunicazione pubblica che abbatte però il digital divide: Nord e Sud presidiano i social media in modo piuttosto omogeneo. Le realtà che contano il maggior numero di account sono Lombardia e Piemonte, seguite da Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Sicilia e Calabria.
Abbondano i profili "fake", ovvero gli account non ufficiali, spesso più aggiornati degli altri e paralleli (se ne contano oltre 200). Ma la frequenza di aggiornamento è piuttosto bassa: solo l'8% riesce a postare quotidianamente, il 26% effettua un aggiornamento saltuario e ben il 42% ha un profilo "dormiente", ovvero non ha fatto update nei trenta giorni precedenti la rilevazione. «Spesso mancano pianificazione e consapevolezza e gli elementi che rendono condivisi i social network non vengono utilizzati del tutto: sono quasi assenti le funzioni di retweet o mentions per Twitter, o le risposte ai commenti su Facebook. Talvolta i profili, affidati alla buona volontà dei singoli, vivacchiano senza aggiornamenti. E manca talvolta una vision dei decisori», afferma Arata.

Problema di alfabetizzazione digitale, che ha ricadute sull'efficacia: secondo uno studio dell'Università Bocconi, l'ignoranza informatica nella Pa locale costa oltre 205 milioni di euro e una formazione adeguata migliorerebbe la produttività del 12 per cento. La sorpresa però arriva dai piccoli Comuni, più presenti dei grandi, molto attivi sui servizi e meno sulla mera promozione: con i loro 948 account pesano per il 75% del totale su Facebook, mentre su Twitter sfiorano il 70 per cento. «L'innovazione si realizza lontano dai centri, anche decisionali. E questo talvolta comporta problemi di continuità dell'esperienza. La soluzione sarebbe mutuare il modello delle unioni dei piccoli Comuni, anche sull'online», precisa Arata.

Proprio Twitter viene usato prevalentemente come "continuazione" dello sportello fisico. Gli impieghi riguardano la segnalazione di eventi e il rilancio di informazioni. Da segnalare come si stiano moltiplicando i "distretti cinguettanti". Intorno ai centri più dinamici tendono a formarsi contesti virtuosi: accade in Piemonte e in Veneto con un addensamento di 19 antenne, in Emilia-Romagna e in Sardegna con 16 e 11 account. «Ma il problema è che per l'80% Twitter è utilizzato come puro canale broadcaster e si crea una "balcanizzazione" della gestione: i profili si moltiplicano anche per l'assenza di regole su chi è titolato a parlare», conclude Arata.

«C'è la consapevolezza che il presidio è essenziale anche se può essere problematico per risorse umane ed economiche», afferma Marco Barbieri, delegato Ferpi Pa. Per Barbieri occorre considerare la comunicazione pubblica come elemento essenziale e non aggiuntivo: «L'attività promozionale è sempre più residuale, mentre cresce l'attenzione a rendere comprensibile al cittadino numeri e attività».

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