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Questo articolo è stato pubblicato il 02 settembre 2012 alle ore 15:51.

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A Venezia è tempo di cinema. Da una parte la Mostra al Lido, ancora in corso, dall'altra Circuito Off. Se il festival è storicamente il luogo del cinema in sala, Circuito Off invece sonda e testa un territorio meno facile da catalogare. «Un'identità fluida in costante evoluzione», per usare le parole della direttrice Mara Sartore, il cui aspetto più interessante è l'attenzione per opere di suoni e immagini che escono dalla sala cinematografica e dal salotto della televisione per colonizzare luoghi diversi come le gallerie d'arte, i musei o gli spazi pubblici urbani, creando ambienti audiovisivi e definendo un media landscape nuovo. Come nel caso delle opere di Arthur Duff.

L'artista, nato in Germania e residente in Italia, si serve di proiezioni, laser, neon, per creare ambienti – o «contesti», come Duff preferisce definirli – «che richiedono la partecipazione attiva delle persone e che possono anche mettere in discussione il ruolo stesso del pubblico».
Sono contesti che richiamano «intersezioni e similitudini con il cinema, ad esempio nel concetto di evento e di esperienza legato a un ambiente, si tratta di rubare, in qualche modo, al cinema le forme, i modi, la fruizione del pubblico per creare un'esperienza attiva». Come nel suo lavoro «Rope», un'installazione con neon e proiezioni laser costruita come un rimando all'architettura narrativa dell'omonimo film di Alfred Hitchcock. Duff costruisce ambienti emozionali: è il caso di «Love Letters», installazione site specific realizzata nel 2009 in una piazza di Praga dove un semplice sistema – ideato negli anni 50 da Christopher Strachey, pioniere del linguaggio informatico – generava lettere d'amore sulla base di lettere vere che venivano scomposte e ricostruite tramite scelte semantiche. Il pubblico era formato da passanti e turisti che venivano investiti da una sorta di interpellazione personale in uno spazio pubblico.

Allo stesso tempo in una sezione specifica del festival, «Art Meets Architecture», si sono potuti vedere i video che documentano i lavori di Rirkrit Tiravanija, artista che crea spazi relazionali come salotti e cucine in cui ospita poi il pubblico che deve prendere parte, conversare e assaporare i cibi assieme agli ospiti e agli altri intervenuti. Nicolas Bourriaud, a questo proposito, parla di «arte relazionale», e la definizione può valere anche per Abraham Cruzvillegas, messicano, che realizza enigmatici e curiosi oggetti che provocano la nostra reazione e che mettono in discussione il nostro senso dello spazio, lavorando sulle relazioni sociali e culturali che definiscono gli oggetti.

Circuito Off ci offre uno sguardo su un cinema "altro" che colonizza nuovi luoghi, che si loca negli spazi pubblici, che incontra il design e l'architettura, che si intreccia con la videoarte, che utilizza la rete. Multimediale o, meglio ancora, crossmediale. E inoltre un cinema che sperimenta l'uso di nuove tecnologie. «Perché è bello sperimentare la propria creatività attraverso mezzi che possono sembrare insoliti ma che ormai fanno parte di noi», racconta il videomaker argentino Leandro Manuel Emede, che ha fatto da tutor al Mobile Festival di Sony e che con il videofonino ha realizzato il videoclip dal titolo «Mucchi di Gente» con protagonista la cantante Nathalie.

Per Emede la sfida tecnologica è «emozionante»: «Ogni giorno escono nuovi device ad alta definizione e telecamere super tecnologiche e avanzate. Bisogna provarle tutte, sperimentare, ma non dimenticarsi che l'importante è emozionare chi guarda. Io stesso sono un fruitore di nuove tecnologie... da anni sono un accanito di Twitter (usa il suo account – @LeandroEmede – per postare i suoi lavori ndr) e mi interessa molto lo sviluppo degli smartphone».
E il videofonino ci riporta ancora una volta alla fondamentale importanza che riveste lo spazio pubblico per la definizione di un nuovo immaginario audiovisivo. Le potenzialità delle tecnologie portatili stanno definendo nuove forme e pratiche di ripresa e di visione. Il mondo appare in maniera nuova e, allo stesso tempo, le diverse tecnologie di pervasive, locative e ubiqutous computing stanno trasformando gli ambienti in contesti mediali e in spazi della visione.

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