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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2012 alle ore 15:41.
Come negli anni Sessanta, quando l'essere umano iniziò a sconfinare in terre mai battute prima, con i viaggi nello spazio e quelli mentali attraverso l'impiego dell'Lsd, così oggi, grazie alle esplorazioni nell'infinitamente piccolo e alle nuove dimensioni aperte dalla ricerca tecnico scientifica: momenti storici nei quali parte della sperimentazione artistica ha avuto forte impulso a misurarsi con questioni di carattere scientifico e filosofico.
A fare il parallelo è Carsten Nicolai, stimato artista tedesco nonché musicista, conosciuto in questa veste con il nome di Alva Noto. Non a caso il suo lavoro, osserva Nicolai, risulta più immediatamente comprensibile a chi abbia confidenza con le domande sulla natura del tempo e sugli elementi minimi costituitivi della realtà fisica, piuttosto che a chi sia avvezzo a muoversi nella storia dell'arte. L'HangarBicocca di Milano ha commissionato all'artista tedesco un lavoro che con i suoi cinquanta metri sfiderà per imponenza le tre torri di Anself Kiefer (I sette palazzi celesti, 2004).
L'inaugurazione di Unidisplay, questo il titolo della grande installazione audiovisiva, è prevista per il prossimo 20 settembre, proprio in concomitanza con il tour italiano di Alva Noto con Ryuichi Sakamoto, offrendo la fortunata occasione di assistere alla sfaccettata produzione di Carsten Nicolai e apprezzarne la coerenza dei linguaggi. La stessa Unidisplay, mostra a cura di Andrea Lissoni e Chiara Bertola, è del resto da intendersi secondo lo stesso artista come una sorta di summa dei suoi diversi capitoli di ricerca. "Display", più che da associarsi allo "schermo", come l'uso corrente in italiano farebbe pensare, è infatti da intendersi come un "allestire", un "dispiegare" oggetti in una vetrina. Sullo schermo sconfinato, reso tale da specchi posti ai lati, confluiranno e si intersecheranno vari moduli, legati alle categorie di tempo, semiotica dei segni e percezione su cui si è concentrata negli anni l'indagine di Nicolai. I visitatori si siederanno su una panca posta di fronte alla parete immaginifica come davanti a una finestra, e qui saranno sollecitati dagli stimoli acustici e visivi dell'opera, concepita come un gigantesco orologio - la scansione del tempo essendo il framework che tutto tiene, ordina e scompone.
Quello che mi interessa - spiega Nicolai - è come il nostro cervello interagisca completando quanto vede e sente. L'ispirazione oltre che dalla natura gli viene dagli studi sulla psicologia della Gestalt (in particolare da Wolfgang Metzger), che provarono a codificare il modo attraverso il quale il cervello umano gestisce i segnali percepiti, selezionandoli e interpretandoli in maniera attiva; Nicolai porta l'esempio a tutti noi familiare del cinema, percepito come un continuum nonostante sia composto di singole immagini in rapida successione, o di un cavallo in corsa in un bosco, di cui l'occhio vecchie la sagoma completa, sebbene questa non sia mai integralmente visibile, in quanto oscurata in parte dai tronchi degli alberi. In questo caso Nicolai allestisce un ambiente che richiama - così suggerisce - una sorta di sala di comando, con innumerevoli indicatori di pressione, temperatura e così via. Segni astratti e suoni a bassissima frequenza sollecitano la mente e i sensi dello spettatore, giocando con la sua percezione e immergendolo in uno spazio tridimensionale.
Lo strumento di lavoro di Carsten Nicolai è il computer, un processore che di cui sottolinea tutta la limitatezza rispetto a quello umano. Non c'è nulla che il computer possa fare senza che questo sia stato precedentemente pensato da mente umana, molto più duttile: «Noi saltiamo, ragioniamo su più livelli, facciamo connessioni; interpretiamo, siamo creativi. Il computer è solo un esecutore: gli sarebbe impossibile generare una poesia!». Ma il computer è rapido, permette di gestire con grande agilità grandi quantitativi di informazione, di sminuzzarla all'infinito con facilità.
La stessa installazione Unidisplay, pur nella sua grande complessità, si sarebbe potuta realizzare con mezzi analogici, sia pure in maniera incomparabilmente meno efficiente. Usare il computer ha per Nicolai anche valenza etica - è strumento democratico, oggi accessibile a tutti. Che l'artista tedesco smitizza, forzandone i limiti, introducendo errori (per esempio mandandolo in overload) e usandoli come elemento creativo e di scoperta al servizio di umanissime ipotesi di ricerca sulla mente umana. Trial and error, il metodo scientifico applicato alla ricerca artistica.
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