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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 15:31.

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Per avere mappe che non ti portino sulla cattiva strada la tecnologia non basta. Non bastano aerei, auto, radar che registrano tutto intorno per ricostruire in digitale luoghi, negozi, vie. In questo lavoro servono persone, anche: che controllino un senso vietato, un semaforo tramutato in rotonda, un limite di velocità cambiato. E non deve sorprendere che tanto "lavoro di gambe" sia necessario per le mappe tecnologiche di cellulari e navigatori: queste, in fondo, incarnano un ponte tra mondo fisico e digitale. È questa l'esperienza di Navteq, acquisita da Nokia, a cui fornisce le mappe che sono uno dei punti di forza dei modelli Lumia.

Ma può essere anche quella di Google, che ha adottato un'analoga filosofia di silicio e sudore. Si evidenzia proprio in questi giorni in cui Apple è finita tra le polemiche per le mappe di iOs6, accusate di avere numerose imprecisioni. A differenza di quelle di Google, integrate fino a iOs5. «I consumatori sono le vittime collaterali della guerra tra Apple e Google», ha commentato il Guardian. Ma rimediare agli errori è possibile. Anzi, lo si fa quasi ogni giorno: «Mandiamo un aggiornamento delle mappe ogni tre mesi. E ogni mese le modifiche ad alta priorità», dice Giorgio Buttelli, director regional maps and content di Nokia Italia. «Sono il responsabile che ha avviato le mappe Navteq in Italia», spiega. Adesso nel nostro Paese ha 40 persone che tengono d'occhio il territorio, in nove uffici di altrettante regioni italiane. «Leggono i giornali, hanno contatti con le pubbliche amministrazioni, girano per scoprire modifiche stradali e verificare le informazioni ricevute da altre fonti».

Il lavoro certosino parte dalla raccolta. Un'automobile (Navteq True), con videocamera a 360 gradi, radar e gps gira per le strade; queste tecnologie creano una nuvola di punti che danno vita alla ricostruzione tridimensionale. «Le persone invece vedono che cosa sta succedendo sul serio sulla strada, come nuovi limiti di velocità, magari temporanei. In teoria dovrebbe essere la Pa a fornire dati sulle modifiche ma in pratica non succede sempre - continua Buttelli. Quando abbiamo cominciato, nessuna Pa aveva un database con i sensi unici. Ora, solo alcune».

Il mix di tecnologia e persone scende anche al livello degli utenti finali, secondo un modello di crowdsourcing. «Riceviamo informazioni in forma anonima, sulle strade, anche dai "probe": sono dati che vengono dai cellulari degli utenti, sulla loro posizione geografica. Ci servono per avere conferme o modificare il reticolo stradale sulla mappa». Gli utenti devono autorizzare quest'invio di probe, che poi però è automatico. Invece è manuale il processo con cui segnalano errori al servizio, tramite l'app della mappa.

Ci sono parecchie analogie con il modo in cui opera Google, anche in Italia. «Per la mappatura noi utilizziamo centinaia di segnali diversi: immagini, dati che in parte abbiamo noi e in parte vengono forniti da terze parti, segnalazioni degli utenti», spiegano dall'azienda. «Ad esempio, i dati legati alle immagini di Street View, ripresi con le nostre auto, vengono usati per analizzare i cartelli, i segnali stradali ecc. E questo contribuisce alla mappatura A queste però si aggiungono anche le informazioni di traffico che riceviamo e che forniscono input sulla viabilità, sui rallentamenti. Molto importanti sono inoltre le segnalazioni degli utenti che ci comunicano se una strada è errata, non appare e così via. Sono migliaia gli utenti che ci mandano segnalazioni ogni giorno su Google Maps e in molti casi questi aggiornamenti vanno live nell'arco di pochi minuti».

Insomma, le tecniche sono già rodate. È inevitabile ora che anche i nuovi entranti del calibro di Apple le adottino appieno. Perché le mappe sono importanti. Sono il punto di contatto con la fisicità dell'utente; con gusti, interessi e luoghi che si manifestano nel mondo fatto di mattoni e asfalto. Sono un centro di potere ed è per questo che Apple non poteva più permettersi di usare quelle di Google.

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