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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2012 alle ore 14:59.

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Il livello medio dei mari e oceani è in aumento 3 millimetri all'anno. Sembra poco ma è importante e soprattutto non è affatto un valore spalmato in modo uniforme su tutto il pianeta, anzi. Dalle parti delle Filippine per esempio il valore è ben maggiore, dieci millimetri anno, mentre altrove nel mondo è addirittura in diminuzione.

È il risultato più netto e importante del convegno sulla Altimetria radar da satellite, tenutosi a Venezia questa settimana e organizzato dall'Agenzia spaziale europea e francese, a cui hanno partecipato varie centinaia di addetti ai lavori da tutti i continenti. Per ottenere questo risultato ci sono voluti 18 anni di osservazioni radar del globo che sono state confrontate e ricalibrate più volte.

Le cause sono varie ma riconducibili a tre fattori fondamentali: l'aumento della temperatura media, lo scioglimento dei ghiacciai montani e delle calotte polari che immettono nuovo liquido in mari e oceani. La carta che ne viene fuori è molto indicativa e precisa e il codice di colore ci fa capire che esistono anche fattori locali che influiscono su questa crescita o decrescita del livello marino, come per esempio per la zona corrispondente alla corrente del Golfo nel Nord Atlantico. «Un fattore fondamentale che si nota con evidenza – ci dice Paolo Cipollini dello Uk National oceanography center di Southampton – è quanto calore viene immagazzinato nei vari mari e come questa riserva cambia col tempo per la densità dell'acqua, che è dovuta a molti fattori, come per esempio la salinità che la fa aumentare».

In altre parole più sale più denso e quindi comportamento diverso. Si capisce che quelli che a noi sembrano sempre mari e oceani, e al massimo notiamo che la loro acqua è più o meno trasparente o calda sulla riva, sono sistemi estremamente complessi in cui anche piccole variazioni nella composizione dell'acqua marina (densità, salinità, temperatura, evaporazione più o meno rapida) portano all'instaurarsi di correnti superficiali e in profondità che possono coinvolgere migliaia e migliaia di chilometri quadrati di oceano. «Ad esempio abbiamo capito come nei mari del nord l'acqua proveniente dal sud si inabissi e riemerga altrove dando luogo a importanti variazioni nelle correnti», conclude Cipollini.

L'importanza della sorveglianza dei mari e di questi risultati è chiara se ci ricordiamo che il 71% della superficie terrestre è ricoperta da acque, tanto che dallo spazio la Terra viene vista dai satelliti interplanetari come «the blue dot», un puntino blu. Certo 3 millimetri sono una quantità ridicola e soprattutto uno si chiede: ma come fanno a misurare una differenza così piccola, dato che mari e oceani cambiano continuamente, per le maree e per le onde che possono arrivare anche a metri di altezza?

Il segreto della procedura sta nel fatto che ormai i dati immagazzinati nella relativamente breve storia della sorveglianza radar della superficie marina – il primo satellite fu l'europeo Ers-1 nel 1991 –, sono una quantità enorme e quindi possono essere mediati, quasi "piallati", con una certa sicurezza. Non a caso si è aspettato di averne una serie di ben 18 anni.
Il radar contenuto nei vari satelliti manda un segnale verso il mare, lo spot, cioè l'area illuminata, va dai 2 ai 10 chilometri per farsi un'idea. Il mare, la sua superficie, lo riflette verso il satellite che conta il tempo di andata e ritorno e da questo calcola la distanza. Certo la precisione è incredibile, per quanto detto prima, dato che i satelliti sono circa 800 chilometri sopra il mare e allora si capisce che le misure sono fatte con una precisione di una parte su 10 milioni. Come andare dal salumiere e pretendere che ci dia un etto di prosciutto più o meno un decimilionesimo di grammo.

Il risultato, che è certo, deve però essere preso e inquadrato nella giusta cornice: non è detto che il trend al rialzo continui o che nei prossimi 20 anni non ci sia un riallineamento delle zone, in altre parole che i mari delle Filippine continuino ad alzarsi o viceversa altrove. L'impegno dell'Europa, che ha una nutrita serie di satelliti in corsia di partenza, il primo, Sentinel 3 alla fine del 2014, è costante per il futuro anche nello sviluppo di tecnologie radar sempre più affidabili e precise, in cui, val la pena ricordarlo, in Italia siamo leader.

Nessuna città d'altronde poteva essere più indicata per questo convegno di Venezia, la zona per eccellenza più strana e delicata d'Europa, dove la natura ha costruito, nel corso del tempo, un sistema di vasi comunicanti, laguna più mare Adriatico, di una delicatezza estrema e certamente "provvisorio" su base dei tempi umani.

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