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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2012 alle ore 20:11.

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In un articolo del 2008, la rivista "Scientific American" mise David Baulcombe, insieme a Victor Ambros e Gary Ruvkun, nella top ten dei grandi esclusi (a torto) dal premio Nobel: due anni prima, infatti, il riconoscimento era andato ad Andrew Fire e Craig Mello, che avevano basato le loro scoperte su alcuni dati fondamentali del genetista britannico.

Ma lui non se ne è mai adombrato, anzi, ha sempre riconosciuto il merito ai due vincitori, ed è andato avanti nelle sue ricerche, continuando a sfornare studi importantissimi, che nel tempo hanno radicalmente modificato il modo di vedere la trasmissione delle informazioni attraverso i geni. E anche i premi non sono mancati, da allora. L'ultimo in ordine di tempo è il Balzan, che gli verrà consegnato giovedì prossimo a Milano. Il nome di Baulcombe è legato a un concetto ancora non familiare a tutti: quello del silenziamento degli Rna, da cui ne è disceso uno ancora più importante, l'epigenetica. Per capire di cosa si tratta, Nòva24 ha chiesto allo stesso genetista vegetale di Cambridge in che modo è arrivato a intuire che l'Rna, fino ad allora visto soltanto come un trasportatore di informazioni del suo parente più nobile, il Dna, poteva avere strutture e ruoli molti diversi da quelli ipotizzati.

«Stavamo lavorando su piante transgeniche, per capire la resistenza ai virus, e abbiamo avuto dei risultati molto strani, che ci hanno indotto a pensare che poteva esserci una sorta di spegnimento dell'Rna, un fenomeno mai descritto fino ad allora. Nel frattempo altri laboratori stavano iniziando a vedere cose analoghe su funghi e animali quali vermi, moscerini e perfino mammiferi: troppo per essere una coincidenza. È così emerso il concetto di Rna silencing, un meccanismo di regolazione dell'espressione genica (in questo caso la disattivazione di un gene) che non passa attraverso le classiche modifiche del Dna (nelle singole basi), ma che sfrutta unicamente piccoli frammenti di Rna (o micro Rna, chiamati in modi diversi a seconda della funzione), di una ventina di basi appena». Questo tipo di regolazione, oltre a essere importante di per sé, ha portato alla scoperta dell'epigenetica, cioè di un insieme di reazioni che non alterano la struttura del Dna ma che possono ugualmente influenzare sia l'espressione genica sia ciò che viene trasmesso, con semplici modifiche della struttura esterna della doppia elica di Dna come l'attacco, alle basi classiche, di piccoli gruppi a un atomo di carbonio (i gruppi metile).

Attraverso meccanismi di epigenetica i cambiamenti indotti dallo stile di vita, dai contaminanti ambientali e dallo stress possono essere passati anche di generazione in generazione, perché quando il Dna viene replicato anche i gruppi aggiunti vengono copiati e trasmessi alla prole. Spiega ancora Baulcombe: «L'epigenetica può essere considerata una sorta di ereditarietà soft, che attiene al modo in cui la vita di tutti i giorni agisce sul Dna: si pensi, per restare al mondo vegetale, alle fioriture più o meno tardive, che risentono (in modo epigenetico) delle temperature esterne; in alcuni casi ci sono modifiche che durano a lungo, anche per tutta l'esistenza, ma che non passano alle generazioni successive, mentre in altri casi i cambiamenti sono trasmessi anche dai genitori ai figli. Tra i più potenti induttori di modifiche trasmissibili vi sono lo stress e alcune malattie, ma anche il digiuno, il fumo nell'adolescenza e molto altro».

Questa nuova visione racchiude in sé potenzialità molto importanti anche a scopo terapeutico, così come accade per i piccoli frammenti di Rna, già diventati marcatori di alcuni tumori (ogni tumore ha una sua firma specifica di microRna) e target di cure per ora sperimentali. «La conoscenza delle sequenze geniche – spiega ancora Baulcombe – ha aiutato molto a comprendere tante malattie e la loro base genetica, ma spesso non riesce a essere conclusiva. Abbiamo già molti indizi che ci portano a ritenere che l'epigenetica possa essere l'anello mancante e possa aiutare a spiegare molto di ciò che finora non abbiamo capito. Non solo: sfruttando questi meccanismi potremmo migliorare la produzione agricola, un tipo di applicazione che mi sta molto a cuore e alla quale ho dedicato, come richiesto, metà del premio: io finanzierò alcuni giovani che stanno studiando un'alga che potrebbe essere utile nella produzione di biocarburanti».

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