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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2012 alle ore 20:15.

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La morte della geografia sembrava ineluttabile. Ma così come la carta, le stampanti e i viaggi di lavoro, anche la geografia è rimasta a farci compagnia, anziché soccombere alle tecnologie digitali. E ora si prende la rivincita, con la fioritura dei dati di geolocalizzazione, elevati a prezioso terreno di caccia per un settore in sviluppo. Nel 2017 il volume del traffico dati in mobilità sarà cresciuto di 21 volte rispetto al 2011, secondo le previsioni Ericsson. Nei prossimi 5 anni, il numero di smartphone è destinato a triplicare da 1 a 3 miliardi e i tablet a raddoppiare abbondantemente, da 3 a 7 milioni. Tutti questi apparecchi saranno connessi a internet e perennemente in movimento, generando un'enorme richiesta di informazioni locali. Gli strumenti del web 2.0 esaltano piuttosto che appiattire le peculiarità di un territorio, rendendolo più ricco attraverso le applicazioni mobili, che offrono la possibilità immediata di costruire intorno a sé una rete di contatti per soddisfare esigenze culturali, di shopping, business, svago, ristorazione e socialità. La crescente mobilità amplia le necessità d'informazioni geolocalizzate invece che ridurle. E le opportunità commerciali aumentano per chi si rende rintracciabile su una mappa virtuale.

Da qui parte la corsa ai dati per fornire mappe sempre più sofisticate e precise, con ampio dispendio di mezzi. La gara a due, fra Google e Nokia, è diventata una gara a tre, con Apple che dopo aver bandito Google Maps dai suoi apparecchi sta cercando di mettere a punto una cartografia autonoma, finora ampiamente carente rispetto a quella del grande rivale. La caccia ai dettagli si fa sempre più estrema: Google ha già prodotto versioni in 3D di una ventina di aree metropolitane e Nokia ha mappato oltre 5mila interni di costruzioni complesse, come aeroporti o centri commerciali, in 40 Paesi. La raccolta di questi dati comporta investimenti enormi. Nokia ha dotato di strumenti di misurazione laser la sua flotta di auto per rendere più precisa la mappatura. Google, oltre alle auto che fotografano il mondo dal basso, mantiene anche una flotta di aerei per riprenderlo dall'alto. E tutto ciò solo per costruire l'ossatura del sistema. La riproduzione delle caratteristiche fisiche di un territorio non serve a nulla, se non viene riempita di contenuti: le strade con i sensi unici e la situazione del traffico sempre aggiornata, stazioni ferroviarie con i link agli orari dei treni, fermate della metropolitana o del bus con le linee che ci passano, musei con gli orari d'apertura, ristoranti ed esercizi commerciali con il gradimento degli utenti, cinema e teatri con le informazioni sul programma. Google Maps, con la sua enorme diffusione, ha il vantaggio di attirare l'interesse spontaneo degli utenti, che riempiono le sue mappe di contenuti, caricando milioni di foto, scrivendo commenti e aggiungendo strati sempre nuovi d'informazioni al "geoweb". Stesso discorso per le imprese che si basano sui servizi di geolocalizzazione per far funzionare il proprio business, dall'app per trovare il taxi più vicino a quella per individuare un locale dove cenare.

Ma la grande sfida dell'intelligenza geografica si spinge oltre la mappatura del territorio: con la rapida diffusione di sensori smart, saremo presto capaci di vedere e sentire in diretta quel che succede sul territorio. «L'obiettivo è sfruttare la capacità di analisi di questa intelligenza distribuita per automatizzare delle reazioni, che una volta erano appannaggio di un operatore», spiega Lorenzo Fiori, Chief Technology Officer di Finmeccanica. Nel nostro futuro ci sono sensori in grado di spegnere l'illuminazione pubblica quando non serve o di allertare le Forze dell'ordine in presenza di clamori anomali su una piazza deserta, di avvertire lo smottamento prima che arrivi in paese o di segnalare l'ingorgo in tempo utile per uscire dall'autostrada. «Queste tecnologie sono utilizzate già oggi, qua e là, ma spesso manca un approccio architetturale più ampio, per cui restano iniziative isolate», precisa Fiori. Nel 2020, secondo le stime di Cisco, ci saranno 50 miliardi di apparecchi di varia natura interconnessi a livello globale. Oggi sono solo 100 milioni, lo 0,2 per cento. «Per ora si procede ancora in ordine sparso, soprattutto in Italia. In Nord Europa c'è un approccio più strutturato. Ma speriamo di correggere il tiro con i prossimi appalti sulle smart city», auspica Fiori. (el.c.)

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