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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2012 alle ore 14:59.
Secondo la Water Development and Management Unit della Fao entro il 2025 1,2 miliardi di persone vivranno in regioni affette da grave scarsità d'acqua, e per due terzi della popolazione mondiale l'approvvigionamento sarà difficile. A soffrirne di più saranno le zone più povere e isolate, dove le grandi aziende produttrici degli attuali costosi impianti di desalinizzazione non hanno interesse a intervenire.
Una possibile soluzione arriva dall'Italia, da Padova, dove il ricercatore Paolo Franceschetti ha brevettato una serra alimentata a energia solare, in grado di trattare acqua salata e inquinata ricavandone acqua potabile. L'idea, battezzata Solwa (fondendo le iniziali di Solar Water), ha già ottenuto un paio di importanti riconoscimenti: il titolo di «Innovazione per lo sviluppo dell'umanità», conferitole dall'Onu, e poche settimane fa, a Vicenza, il primo posto al Premio Marzotto per l'innovazione, con annessa dote di 250mila euro.
L'aneddotica racconta di un'invenzione nata osservando la bollitura della pasta e chiedendosi come riutilizzare il vapore che si formava sul coperchio. La realtà è un po' diversa. «La storia è vera – precisa Franceschetti, dottorando a Ca' Foscari – ma l'idea mi è venuta soprattutto guardando l'evaporazione dell'acqua marina nelle saline in Puglia».
Solwa non fa altro che replicare il naturale ciclo di evaporazione e condensazione, sfruttando però alcuni accorgimenti di termodinamica per calibrare il tempo di ritenzione del liquido all'interno del sistema, ed evitare la formazione di sali. «Un altro trucco – prosegue il ricercatore – è quello di aspirare l'aria prodotta e reimmetterla, secca, con una ventola, nel sistema, in modo da rompere costantemente l'equilibrio del ciclo e accelerare il processo di evaporazione».
In questo modo è possibile produrre fino a 10 litri d'acqua al giorno, contro i 4 litri di progetti simili. Il sistema è modulare, ossia può essere espanso a seconda delle necessità, un po' come accade per gli impianti fotovoltaici. Un singolo modulo misura circa un metro quadrato per 40 centimetri di altezza. I costi di manutenzione sono quasi nulli: non è necessario cambiare i filtri e non ci sono parti meccaniche soggette a usura, a parte la ventola. Per promuovere il prodotto è stata costituita una Srl, ma l'obiettivo è quello di diventare uno spin-off dell'Università. «Il prototipo è già stato testato in Perù, Africa e Medio Oriente – racconta Franceschetti –. Ora dobbiamo migliorarlo in vista della produzione su scala industriale». I soldi del premio se ne andranno perciò in gran parte in ricerca e sviluppo.
Intanto Solwa ha già attirato l'attenzione dei grandi player. «Abbiamo parlato con la maggiore azienda al mondo del settore delle acque – racconta il ricercatore – e ci hanno detto che sarebbero rimasti alla finestra a vedere come andava il progetto. Se dopo due o tre anni iniziava a diventare competitivo, ci avrebbero fatto un'offerta di acquisto e avremmo potuto scegliere se accettarla o entrare in concorrenza».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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