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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 13:48.

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«Siamo, lo ribadisco, tutti studenti e in quanto tali siamo lasciati liberi di sbagliare. E questo conta, conta moltissimo». Alessandro Ferraris, aspirante ingegnere meccanico del Politecnico di Torino riassumeva così nel 2010 lo spirito di H2politO - molecoledacorsa, una squadra di ingegneri meccanici con in testa il sogno di correre con un loro veicolo a idrogeno la Shell Eco-marathon, vale a dire la prima competizione al mondo dove vince chi consuma meno.

Proclamare bellamente a ventiquattro anni il diritto di fallire non era cosa da poco. Le startup allora erano una nicchia assoluta, pochi ne parlavano figurarsi ai piani alti del governo. L'energy saving una promessa lontana mentre le prime auto elettriche cominciavano timidamente a uscire dai laboratori. Insomma, non era tempo per filosofie da Silicon Valley. Due anni dopo Alessandro Ferraris e la sua squadra non sono poi cambiati più di tanto. La Shell Eco Marathon l'hanno corsa e vinta più di una volta. Ma non si sono accontentati. Nell'ottobre di quest'anno è nato Xam 2.0, un veicolo sviluppato non più per competizioni studentesche ma per competere con i car maker sulle strade di tutti i giorni. «Già con il primo prototipo di Xam volevamo stabilire dei concetti esportabili per veicoli del futuro», racconta Ferraris.

Il suo tono è lo stesso ma rispetto a due anni fa sembra avere fretta. «Xam era lunga 2 metri e ottanta e alta uno e venti. È stata realizzata nel 2011 stressando le regole della competizione. Già allora avevamo capito che il prossimo progetto sarebbe nato per circolare sulle strade». Non sapevano però, anzi non immaginavano che Xam 2.0 avrebbe vinto la classe E-Rev e raggiunto il terzo posto assoluto all'edizione 2012 della Future Car Challenge, la competizione organizzata dal Royal Automotive Club in collaborazione con l'Imperial College di Londra: 100 chilometri che separano Brighton dal centro di Londra, percorsi in poco meno di tre ore.
Domani Xam 2.0 sarà presentata a Torino al Museo dell'Auto, ma le ambizioni dei due ragazzi sono definitivamente cambiate. «Quattro di noi hanno deciso di fondare una startup. L'abbiamo chiamata Beond - Be on drive, che sta ad indicare che questo progetto vuole andare oltre». Quello che vorrebbero è presentarsi come una sorta di piattaforma di progettazione di prototipi. «Attualmente - spiega Massimiliana Carello, docente in Meccanica al Politecnico e Advisor del team - i veicoli vengono elettrificati. Sono pesanti perché sono sovradimensionati, non sono nati ecologici. Noi all'opposto partiamo dalla sostenibilità e progettiamo con questa filosofia».

Beond guarda quindi alla mobilità cittadina, ai servizi di car sharing, a piccole flotte messa a disposizione magari dagli enti locali, Comune e Regione, «magari per le Ztl», suggerisce l'ingegnere. Hanno anche bussato alla Fiat ma senza successo. «Non siamo un gruppo di ricerca e sviluppo per i car maker perché nasciamo con la mente sgombra» interviene Ferraris. «Non siamo poi così tanto cambiati rispetto a due anni fa - riflette -. Siamo ancora liberi di sbagliare». O semplicemente liberi di progettare.

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