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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 13:48.
A intuire per primo le opportunità dell'innovazione aperta è stato Henry Chesbrough, docente della Haas school for business dell'Università di Berkeley: ha esaminato le storie dei grandi laboratori di ricerca che sono stati fabbriche di visioni e tecnologie, come il Parc (Palo Alto Research Center) dove sono emersi i prototipi di reti ethernet, interfacce grafiche, mouse e, in parte, del protocollo tcp/ip che contribuisce a gestire le comunicazioni su internet.
Ormai il dibattito sull'innovazione aperta non resta più confinato nelle aule accademiche, ma è un argomento centrale del confronto sulla competitività degli ecosistemi produttivi alimentata dalla creatività. E la discussione si intreccia con il pensiero laterale, un metodo perfezionato con la pratica che aiuta a seguire strade fuori dai percorsi prestabiliti.
Paul Sloane, pioniere del lateral thinking, racconta un aneddoto esemplificativo sull'assegnazione delle licenze per le trasmissioni televisive in Gran Bretagna durante gli anni Cinquanta. I partecipanti all'asta dovevano presentare le offerte per le aree: la maggior parte aveva puntato su zone densamente popolate. Soltanto un imprenditore aveva chiesto e ottenuto il territorio più piovoso. E non si era pentito della scelta: l'intuizione vincente era stata di capire che gli abitanti avrebbero trascorso più tempo a guardare la televisione.
La pratica dell'open innovation richiede la revisione di metodologie consolidate. «Le piccole aziende possono promuovere incontri di brainstorming e indicare due obiettivi ai dipendenti: fate il vostro lavoro e, allo stesso tempo, trovate nuovi modi di fare il vostro lavoro. Occorre misurare quello che hanno fatto e anche le nuove idee che hanno introdotto: in questo modo ci sarà un'aspettativa che siano proposte nuove idee», osserva Sloane, intervenuto al Microsoft Symposium, dove alcune aziende italiane hanno spiegato come le prime iniziative con applicazioni di Windows 8, l'introduzione di piattaforme cloud (private, pubbliche e ibride), la collaborazione e l'impiego di strumenti di business analytics abbiano aiutato a re-immaginare la loro visione.
Gli esseri umani sono al centro della progettualità: «Il singolo elemento più importante è un leader coraggioso, preparato a prendere rischi, capace di provare cose nuove, impegnato a mettere in discussione visioni, attento a dare fiducia alle persone per sperimentare», ricorda Sloane.
A premere sull'acceleratore nella marcia verso la open innovation sono le aziende nell'area fast-moving consumer goods (beni di largo consumo non durevoli). Alimentano processi innovativi attraverso il coinvolgimento di un ecosistema di imprese che partecipa a una filiera creativa, come in un distretto industriale. Di recente il gruppo Zobele di Trento ha ricevuto un premio da Procter & Gamble dopo aver contribuito a ridurre notevolmente i tempi di immissione sul mercato di un deodorante per l'ambiente. Internet ha un ruolo chiave nell'accelerare l'open innovation attraverso il coinvolgimento del pubblico online. Philips, per esempio, ha varato la piattaforma Simply Innovate per chiedere agli utenti di presentare idee per prototipi: è una modalità di crowdsourcing. La rapida espansione dell'innovazione aperta va oltre le aziende che producono beni di consumo. Negli ultimi due anni General Electric ha investito 134 milioni di dollari sui progetti ricevuti attraverso una competizione, Ecomagination challenge. La scommessa era trovare percorsi di crescita nelle energie rinnovabili attraverso iniziative che non superassero l'ordine di grandezza di alcuni kilowatt.
«L'information technology è uno strumento decisivo non soltanto per gestire un'azienda, ma anche per cambiarla», osserva Sloane. La partecipazione all'attività lavorativa attraverso social network, instant messaging e voip costruisce uno spazio di discussione in tempo reale. Dove le reti sociali online incoraggiano lo sviluppo di un grafo di interessi costruito attraverso le tag (argomenti) che esplicita i temi chiave di conversazioni interdisciplinari. Conquista terreno anche il cloud computing: secondo il Digital Information Index di Symantec il 23% delle informazioni business sono custodite sulla nuvola. Che aiuta a superare i confini delle pareti e della scrivania dell'ufficio attraverso l'accesso in mobilità.
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