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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 15:12.
Le stampanti in 3D cambieranno drasticamente il modo di produrre i nostri oggetti e le nostre case. Non ha dubbi Carlo Ratti, direttore del Mit Senseable Lab, nonché architetto.
Quali saranno le ricadute sui processi di produzione?
Ci sono state tre fasi di sviluppo di queste macchine. Le prime stampanti 3D che usavamo al Mit oltre dieci anni fa producevano oggetti inguardabili: polvere tenuta insieme da resine. Servivano al massimo come modellini per cercare di rappresentare un oggetto in tre dimensioni. Poi siamo passati a stampanti con resine molto resistenti, che consentono quindi di fare prototipi utilizzabili nella realtà. Lo sviluppo della bici Copenhagen Wheel è avvenuto in questo modo (http://senseable.mit.edu/copenhagenwheel/). Oggi stiamo entrando in una terza fase, in cui possiamo produrre veri e propri oggetti, magari di metallo, con stampa in 3D.
È realistico pensare che un giorno stamperemo i nostri edifici invece di costruirli pezzo per pezzo?
Un edificio è composto da molte parti; al contrario le tecnologie di stampa 3D di cui disponiamo oggi ci permettono di depositare solo un materiale, magari con delle variazioni. Così come non sappiamo stampare un computer, non potremo stampare un edificio nella sua interezza ancora per molti anni. Ma potremo iniziare a realizzarne delle parti o magari lo scheletro. È molto interessante vedere quanto in fretta stia cambiando la produzione di motori jet, in cui le lamelle metalliche iniziano a essere prodotte con questi sistemi.
Come dovrebbero evolversi questi maxi-plotter per diventare uno strumento di massa?
Nella versione più elementare queste stampanti 3D sono già di massa. Ad esempio MakerBot, una start up di Brooklyn nata pochi anni fa e che si sta imponendo a livello mondiale, produce delle stampanti 3D di largo consumo. Chiaramente gli usi sono limitati: si possono produrre piccoli modellini, che però danno largo spazio alla creatività del singolo. In prospettiva, mi piace molto pensare che si stia realizzando l'utopia situazionista: per Constant, l'Homo Ludens del futuro non avrà bisogno dell'arte, perché potrà essere creativo nella pratica della sua vita quotidiana. Questo tra l'altro sarà il tema di uno dei nostri progetti al Salone del Mobile 2013.
Quali vantaggi potrebbe avere questo sistema per l'architettura, rispetto ai sistemi standard?
Uno dei maggiori vantaggi può essere la cosiddetta customizzazione di massa: soluzioni che si adattano meglio all'utente finale, così come l'opportunità di esplorare nuove possibilità formali, anche se non necessariamente legate alla produzione di forme stravaganti. Stiamo parlando di un nuovo linguaggio.
(e.co.)
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