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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2013 alle ore 15:14.
Nella nostra vita quotidiana produciamo purtroppo tanti rifiuti e scarti, che dobbiamo eliminare in qualche modo. Abbiamo imparato a convertirli in un vero e proprio tesoro, riciclandoli e ricavandone addirittura oggetti di design, nuova carta e cartone, biciclette in alluminio. Ora riusciamo a ricavarne perfino scudi spaziali per assorbire le radiazioni cosmiche pericolose per gli astronauti. Nasa, in previsione dei futuri lunghi viaggi verso asteroidi e pianeti che dureranno anni, sta studiando un modo di riutilizzare gli scarti, specie di plastica, prodotti dagli astronauti.
All'Ames Research Center, in California, hanno sviluppato e stanno testando un compattatore che prende i rifiuti giornalieri non organici prodotti in volo e li converte in un disco di 20 centimetri per 1,5 circa di spessore, che può essere utilizzato per comporre un leggero e utilissimo scudo ai raggi cosmici sulle pareti della capsula spaziale. Una specie di piastrella per dimensioni che, grazie alla prevalenza nella sua costituzione della plastica compattata almeno 10 volte, può assorbire le temibili radiazioni e particelle che girano per gli spazi fra pianeta e pianeta. Tappezzando uno dei locali del mezzo spaziale, per esempio la zona notte o addirittura creando una zona "rifugio" da usarsi per brevi periodi in caso di eruzione violenta da parte del Sole, si potrebbero proteggere gli astronauti senza dover portare fin dal decollo il peso di uno scudo tradizionale in metallo spesso. Quando ci si avventura al di là dal campo magnetico terrestre verso asteroidi o Marte, la pioggia di raggi cosmici infatti diventa un importante fattore di rischio per la salute degli astronauti, perché può provocare l'insorgere di malattie importanti (dal cancro alla leucemia). Sarebbe anche una soluzione molto pratica, dato che quello dei rifiuti, che è già un bel problema sulla Terra, lo è ancora di più nello spazio dove non si può certo buttare la spazzatura fuori dal finestrino. Male che vada la produzione di rifiuti solidi di un giorno può essere ridotta moltissimo di dimensioni e stivata, evitando che la navicella spaziale, in viaggio per un paio di anni nello spazio, si trasformi via via in una discarica.
Si potrebbe ragionevolmente obiettare che possono essere buttati fuori dalla capsula, soluzione efficace anche se non certo elegante e contraria all'etica di Nasa: pieni di batteri e altri agenti potenzialmente patogeni, come tutto quello che è a contatto con gli umani, potrebbero contaminare altri pianeti.
Il compattatore è piuttosto piccolo e porta il materiale a una temperatura di 150 gradi per 3 ore e mezza, una procedura sufficiente per eliminare ogni microrganismo, ma non troppo energetica da rischiare di bruciare il materiale stesso. Per fare una piastrella scudo rotonda di 20 centimetri occorre mezzo chilo di materiale tipico per la vita nello spazio, come bottiglie d'acqua, nastro di plastica, involucri del cibo, confezioni in alluminio e stagnola. Resta il problema di capire quanto può durare il materiale così compresso e soprattutto, visto che serve per tappezzare ambienti in cui soggiornano umani per mesi e mesi, se si crea un ambiente salubre o almeno neutro.
Per questo vari esemplari di piastrelle sono stati spediti in un altro laboratorio Nasa, specializzato in microbiologia, lo Space Life Science Lab al Kennedy Space Center. Qui è stata creata una stanza con atmosfera identica a quella che si trova nella Stazione spaziale internazionale e i biologi stanno studiando la situazione: si trovano microrganismi? Si possono nel tempo sviluppare colonie di funghi in queste condizioni? Le risorse nello spazio sono estremamente limitate e quindi, anche se può far sorridere, la gestione dei rifiuti umani nello spazio è fondamentale per gli sviluppi dei prossimi anni. Speriamo di imparare qualcosa di utile anche per la Terra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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