Gli editori dovrebbero guardare con attenzione alla startup che sperimentano tecnologie per l'informazione. Chi parte da zero può agilmente mettere a punto piattaforme per interpretare meglio le esigenze del mercato. Chi invece sul mercato ci sta da tempo, ha autori e contenuti di qualità di solita non vede un vantaggio economico nel rinunciare la valore generato dai suoi vecchi sistemi informativi.

Eppure, le inchieste che usano strumenti di data journalism, i software per estrarre informazioni sui social network, le tecniche di visual journalism fino agli sperimenti più evoluti di newsgame (articoli raccontati con le meccaniche dei videogame) sono motivi sufficienti per tenere d'occhio le startup editoriali, che peraltro non sono poche e attirano anche soldi. Secondo Kickstarter sono 2832 i progetti nell'editoria, di questi nove hanno ottenuto tra 100mila e 999mila dollari. Anche in Italia le scena è fiorente nonostante la crisi che ha investito l'editoria.

L'ultimo nato si chiama Seejay. Per ora sono in fase beta (privata) ma contano di aprire a tutti a partire da marzo. Vogliono fornire un servizio Il loro business è quello di fornire a editori, redazioni e agenzie una piattaforma per gestire i contenuti della user content generation. «Sostanzialmente siamo un gestionale cloud B2B che consente al cliente di raccogliere, gestire e pubblicare immagini, video, audio e testi user-generated», spiega l'art director Fabrizio Verrocchi.

L'infrastruttura promette quindi di elaborare i contributi che il cliente riceve direttamente dagli utenti sul proprio sito web e app mobile a quelli che possono essere estrapolati, direttamente in SeeJay, dai principali social network (Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, Google+), dai content provider partner di SeeJay (attualmente i fotoreporter di Shoot4Change), e dagli open data (al momento sono disponibili tutte le segnalazioni civiche di Decoro Urbano).

©RIPRODUZIONE RISERVATA