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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2013 alle ore 08:11.

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«Come sassi che sprofondano nell'acqua di uno stagno». Nasce da questa osservazione la startup biomedicale Wise, fondata da 4 fisici dopo che nel bel mezzo di un esperimento si sono imbattuti in un risultato insolito. «"Sparando" nanoparticelle metalliche su una superficie rigida allo scopo di formare microscopici cavi elettrici ci siamo accorti che i conti non tornavano. Ovvero le particelle sulla superficie erano meno rispetto a quelle lanciate, come svanissero nel nulla. Scartato l'errore sperimentale, abbiamo pensato che le nanoparticelle sparissero perché finivano sotto la superficie del substrato» racconta Luca Ravagnan, uno degli autori della ricerca e ceo di Wise.

A partire da quell'imprevisto i ricercatori hanno brevettato una tecnica innovativa, chiamata Supersonic cluster beam implantation (Scbi), capace di incorporare circuiti elettronici complessi su substrati plastici flessibili e ottenere così un'elettronica elastica, che ha importanti ricadute applicative nel campo della neurostimolazione. Settore in grande espansione: dalla cura del dolore cronico al trattamento di Parkinson, Alzheimer, epilessia, depressione. E anche se l'integrazione tra mondo biologico ed elettronica progredisce a passi spediti, resta ancora da superare il problema dell'elasticità. «I cavi elettrici sono flessibili, ma non estendibili, il che diventa una limitazione all'impianto di chip nell'organismo. Anche se piccoli, sono substrati rigidi che possono irritare i tessuti, spostarsi o in casi estremi rompersi – continua Ravagnan –. Quando queste complicazioni accadono a un elettrodo di un cardio o neurostimolatore, il dispositivo smette di funzionare e il paziente va rioperato, con tutte le conseguenze del caso». Ma se l'elettronica diventa elastica, e quindi deformabile ed estendibile come i tessuti umani il problema è risolto.

«Il progetto di Wise è di sviluppare e commercializzare, grazie alla tecnologia Scbi, una nuova classe di elettrodi per la neurostimolazione con caratteristiche superiori rispetto ai prodotti oggi esistenti. I nostri elettrodi possono essere inseriti anche sulla pellicola tipo Domopak, quindi sottilissima e conformabile, oltre a costare molto meno, nell'ordine di poche centinaia di euro, cioè il 10/20% degli elettrodi oggi in uso: uno solo vale 4-5mila euro perché la produzione è manuale.

Consigli? «Anche se la vocazione dei ricercatori è di annunciare al mondo la propria scoperta, abbiamo tenuto un low profile sul fronte della comunicazione, poi ci siamo autofinanziati per coprire le spese di brevetto, il che ci ha anche costretto a credere nel progetto fin dall'inizio. Con il brevetto in tasca, abbiamo pubblicato lo studio su prestigiose riviste scientifiche e parlato con gli addetti ai lavori per capire il miglior campo d'applicazione. Il dispositivo che rientra nell'elettronica flessibile, può interessare la robotica, l'elettronica di consumo e i device biomedicali. Ma è in quest'ultimo settore che la nostra tecnica risulta essere molto competitiva».

A oggi Wise ha ricevuto diversi premi per l'innovazione sia da parte di istituzioni italiane che straniere. A giorni partiranno i test sui topi all'ospedale Besta di Milano, e a giugno la fase I. «Puntiamo di arrivare sul mercato inizio 2017. Ma stiamo presidiando anche altri campi: abbiamo appena brevettato specchi flessibili, che entreranno in oftalmologia, ottica adattativa, nelle tlc e nel settore aerospaziale.

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