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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 15:03.
Per quanto già dalla definizione data alla propria creatura rifiuti l'idea di autoralità - Molleindustria è un "collettivo" scrisse sibillino al momento di fondarla nel 2004 -, Paolo Pedercini è oggi il game designer italiano più riconoscibile al mondo. Sotto l'emblema di Molleindustria, l'autore mantovano – invero impiegato a tempo pieno dietro la cattedra di Experimental Game Design della Carnegie Mellon University di Pittsburgh – ha sviluppato in Flash titoli unici, ognuno dei quali non solo senza scopi di lucro, ma mosso da un'intenzione precisa: riappropriarsi del mezzo videoludico conferendogli un'esplicita funzione di critica sociale e politica.
Un obiettivo non solo teorico: nel 2007, Operazione: pretofilia (riflessione sulla reazione vaticana agli scandali sessuali), innescò un'interrogazione parlamentare scaturita nel momentaneo oscuramento del gioco. Destino simile per Faith Fighter, simulazione marziale in cornice religiosa invisa all'Organizzazione della Cooperazione Islamica, che nel 2009 ne ottenne una censura parziale. Fu invece Apple a bandire Phone Story (2011) da iTunes. La rilettura per smartphone del ciclo vitale di uno smartphone – dalle miniere congolesi allo smaltimento in Pakistan – permise comunque a Molleindustria di devolvere seimila dollari di donazioni a un'ex dipendente della Foxconn, vittima di dinamiche aziendali. Ben diverse le reazioni a Unmanned (2012): la scomposizione in mini giochi della quotidianità di un pilota di droni ha ricevuto il Grand Jury Award al prestigioso Indiecade international festival.
«Il prossimo gioco – spiega Pedercini – sarà disponibile fra poche settimane e per ora s'intitola The Best Amendment. È un riferimento al secondo emendamento della costituzione americana, che sancisce il diritto di portare armi. A seguito della strage a Newtown, la strategia dei Repubblicani e della National Rifle Association è stata quella di incolpare i videogiochi. Non vale la pena di ricordare che in decenni di ricerca non è mai stato dimostrato un legame tra i due fenomeni e che i videogame violenti hanno una diffusione globale; quel che conta è che la campagna sia efficace e che limitare la brutalità virtuale sembri più importante del diritto di passeggiare in centro col fucile d'assalto».
«Per questo – continua – The Best Amendment sarà una variazione di Robotron: 2084 (lo shooter del 1982 di Williams Electronics ndr), in cui anziché uccidere i nemici, il giocatore spara a cloni di se stesso. Più avanza, più rischia di venire colpito da proiettili vaganti propri». Il che conferma come i giochi di Molleindustria siano un raro caso di coerenza ludo-narrativa. «Il rapporto fra il racconto e la componente procedurale è spesso conflittuale; quando si tratta di esprimersi attraverso i giochi, la strategia più comoda consiste nell'adottare un sistema collaudato e rivestirlo con la superficie narrativa desiderata».
Molleindustria parte dal presupposto che il "messaggio", per esempio, di uno sparatutto risieda nelle sue meccaniche: manicheismo, militarismo, nessuna possibilità di compromesso col nemico.
«Si può giustificare questo gameplay in mille modi, magari con l'aggiunta di sequenze animate che qualifichino le azioni del giocatore come pacifiste o eversive. Il risultato sarà tuttavia stridente, perché le qualità intrinseche del genere avranno il sopravvento» precisa.
«Solo trasformando le dinamiche ludiche si può fornire un'esperienza coerente – sottolinea Pedercini –. E questo mutamento è la produzione di un'alternativa che riveli aspetti ideologici non percepiti come tali. Il tipico gioco di gestione economica esclude esternalità "non divertenti" come l'inquinamento o i limiti ambientali di crescita. Con McDonald's Videogame e Oiligarchy ho tentato di dimostrare che il gameplay possa tener conto anche di questi aspetti». Un'indicazione precisa sul futuro del settore. «Nei sotterranei del web dozzine di computer game vengono prodotti e giocati da dilettanti. Al contempo, i titoli ad alto budget si riducono, diventando una nicchia fra le altre. La transizione verso mercati controllati e dispositivi finalizzati al consumo come console, tavolette e telefoni è una minaccia per la proliferazione di produzioni amatoriali. Ma mi auguro che la varietà selvaggia del gaming indipendente tenga viva l'idea di un "computer personale" su cui ognuno sia libero di installare e creare quanto crede». Auspici, condivisibili, di un autore collettiv(istic)o.
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