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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2013 alle ore 19:53.
Riflettono tutti i grandi problemi dell'Italia i progetti smart city che sono entrati pochi giorni fa nella graduatoria finale di un bando da 665,5 milioni di euro, indetto dal ministero per l'Istruzione, università e ricerca (Miur). «L'invecchiamento della popolazione. I beni culturali e gli edifici a rischio. Le sfide dell'istruzione e di nuovi modelli educativi. La complessità della logistica e della viabilità.
Le 83 idee progettuali ammesse alla seconda fase di valutazione affrontano questi e altri noti problemi del nostro Paese», spiega Emanuele Fidora, direttore generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca presso il Miur. Questa è la prima scrematura dei progetti (a opera di una commissione di 35 esperti internazionali), per arrivare poi – si prevede in estate – a selezionare i vincitori del finanziamento. «Nova24» ha potuto leggere i dettagli di quelli che hanno ottenuto il maggiore punteggio in graduatoria (i primi due-tre per ciascuno dei 16 ambiti del bando).
I progetti sono lo specchio della via italiana alla smart city. Cioè tra i primi segnali che ci permettono di capire come il nostro Paese voglia aumentare l'intelligenza di città e comunità grazie alle nuove tecnologie. Ricordiamo infatti che questo è il primo bando nazionale Smart Cities & Communities (l'anno scorso ce n'è stato uno riguardante le sole regioni meridionali). Se ne ricava un'idea generale. Che l'innovazione perseguita non è solo nell'uso di tecnologie (sensori e piattaforme cloud), ma anche nei processi e negli approcci. Non basta riempire di chip una città per renderla smart, ma bisogna anche affermare nuovi percorsi di senso. Così, i progetti per l'ambito della Scuola utilizzano la tecnologia per sostenere un nuovo modello di apprendimento, continuo e integrato con l'ambiente. Videolezioni interattive per aggiornare i docenti, tramite uno speciale decoder; realtà aumentata e interfacce touch per migliorare l'apprendimento degli infanti. I progetti per gli anziani non si limitano ad adottare sensori indossabili per il monitoraggio, ma propongono anche modelli di "smart aging": invecchiamento attivo, prevenzione delle patologie invalidanti.
Certo, alcuni progetti vogliono costruire reti di sensori e algoritmi di analisi per proporre i migliori percorsi di viabilità e così razionalizzare il trasporto di merci o il traffico cittadino; ma allo stesso tempo suggeriscono piattaforme per promuovere modelli alternativi, come il bike o car sharing. C'è la fiducia in una tecnologia che può perfezionare il nostro controllo sull'ambiente (fino ad arrivare a sensori che, interni alle mura, prevedono il rischio di cedimento strutturale: sarebbe stato utile a Pompei). Ma anche la consapevolezza che tutto questo deve passare da un rinnovamento culturale, perché migliori la qualità della vita. Che è il fine ultimo delle smart city.
Le tecnologie necessarie, del resto, sono disponibili da anni. La sfida che si apre ora, per integrarle nelle città e nelle abitudini dei cittadini, è appunto sul piano della conoscenza. «Adesso bisogna potenziare le competenze delle imprese italiane e mettere le Pa locali in grado di realizzare le loro idee di smart city», avverte Mario Calderini, docente del Politecnico di Torino e consulente del Miur per questi temi. I bandi sono il primo tassello di un percorso complessivo di rinnovamento che impegnerà l'Italia nei prossimi anni.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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