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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2012 alle ore 12:24.

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La guerra e il traffico d'organi, i cyborg e i samurai, l'onore e la condanna delle multinazionali. Le ossessioni del visionario autore di videogiochi Hideo Koijima si agitano freneticamente in Metal Gear Rising: Revengeance (per Xbox 360, Ps3 e Pc).

Questo gioco ha una doppia anima: Kojima Production ha curato la trama e Platinum Games (autori del micidiale Bayonetta) il gameplay, il risultato di questo progetto dal parto lungo e complicato sono dialoghi zen fulminanti e surreali, combattimenti eccessivi e spettacolari (nella miglior tradizione dell'anime giapponese), personaggi fuori di testa e naïf (sono imperdibili le elucubrazioni di Sundowner, il cyborg senza collo con lo spadone).

Il protagonista però è Raiden, algido e metallico, lo ritroviamo quattro anni dopo gli eventi di «Guns of the Patriots» più spietato, più cinico, più macchina che uomo. Braccio armato ma pensante di una private military company dai buoni sentimenti si tormenta, si interroga e si infuria sgominando con la sua katana elettrica bande di cyborg votate al caos e alla guerra. Come pare intuibile il videogioco è un action, fuori dalle righe, alla Bayonetta appunto. Si taglia e si affetta tutto e tutti in questo titolo che vive di alti e bassi.

I lunghi intermezzi in computer grafica sono non sense e grondanti di pensiero debole post-pacifista. Le battaglie poi sono esaltanti, come un cartone animato giapponese anni Ottanta. Semmai Gear Rising: Revengeance ha il difetto di voler dire troppo e in modo troppo confuso. Resta la personalità di Kojima, il simbolo di un modo di intendere il videogioco giapponese che purtroppo sta sparendo.

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