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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2013 alle ore 13:45.

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Non temete, Kratos non ha fragilità né insicurezze né incertezze. Anche in "God of War: Ascension" (eslusiva per Ps3) mena fendenti dall'inizio alla fine, senza esitazione o sensi di colpa. Eppure, quando è uscito il quarto capitolo della saga, qualche sviluppatore dei Santa Monica Studios aveva lasciato ad intendere che avremmo scoperto un lato più intimo di Kratos. Per fortuna non è così. Il fantasma di Sparta si conferma il guerriero più rozzo e violento della storia dei videogiochi, il miglior sbudellatore di umani, dei e semidei sulla piazza. Non tradisce le attese, insomma: Kratos più che una icona è un format. Piuttosto, a sei anni dalla sua comparsa (il primo God of war è del 2007) gli si può rimproverare di non aver imparato granché, di non essersi evoluto affatto.

Il gioco è un prequel della prima trilogia. Racconta fatti antecedenti al giuramento con Ares, il Dio della guerra. Nelle prime sequenze lo ritroviamo incatenato e oltraggiato dalla Furie, creature mitologiche orrende e feroci. Spezzate le catene (e vendicatosi a dovere del torturatore) inizierà un percorso che lo vedrà tornare indietro nel tempo a quando era ancora un uomo.

Sotto il profilo artistico probabilmente è il miglior God of war di sempre, anche per quanto riguarda la grafica che esalta al massimo la Ps3. La storia invece ha poco da dire. E anche il gameplay (più tecnico rispetto ai capitoli precedenti) è di quelli che fa venire i calli alle mani. Ma è anche il suo bello. Kratos è furia e violenza. E guai a chi lo tocca.

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