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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2013 alle ore 12:40.

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La città è una piattaforma. Qui si sviluppano le mille attività della vita quotidiana, le conversazioni tra le persone, le imprese, le istituzioni che governano la convivenza, le organizzazioni della formazione, della ricerca, della sanità, l'uso dell'energia. Se la piattaforma è aperta, se gli elementi sono connessi, se le informazioni sono disponibili, se la tecnologia è efficiente, la fioritura di iniziative e innovazioni supera le più ambiziose fantasie dei progettisti: succede nella città come è successo sul web.

E in effetti chi chiede a Tim Berners-Lee se prevedeva quello che sarebbe successo quando al Cern ha contribuito alla creazione del world wide web riceve sempre un ironico diniego. «Non possiamo prevedere quello che succederà: ma possiamo creare piattaforme che facilitino il compito degli innovatori». Ma questa osservazione diventa un programma di lavoro quando si accetta il paragone tra città intelligente e piattaforma generativa come il web. Non per niente, visitando Trento per la presentazione dei progetti "smart city" del territorio curata da Trentino Network in occasione del completamento del cablaggio di una vasta area della città riprogettata da Renzo Piano, Berners-Lee ha confessato: «Le montagne, il fiume, un centro antico bellissimo e la fibra ottica in ogni casa: potrei venire a vivere qui».

L'intreccio di storia, geografia e innovazione è la chiave interpretativa delle smart city, tutt'altro che un fenomeno meramente tecnologico. È la logica della piattaforma, congegnata in modo da motivare la collaborazione, la nascita di nuove imprese e servizi, la partecipazione alle decisioni. «Una città-piattaforma può contare sulla disponibilità di dati aperti, sulla personalizzazione dei servizi, sull'integrazione della connessione di persone, oggetti, sensori e molto altro», dice Berners-Lee. «E su questa base può avviare uno sviluppo cogliendo le opportunità della rete globale».

Tutto questo, indubbiamente, definisce una prospettiva per lo sviluppo di un territorio. Alberto Pacher, presidente della Provincia di Trento, ne ha dato una chiara descrizione: «Dopo decenni di investimento in ricerca, il nostro territorio è riuscito a integrare in un'identità tradizionale, quella delle malghe, della vita di comunità, del turismo, anche la dinamica dell'innovazione tecnologica. Ha imparato che serve includere la popolazione nel processo e parlarne con linguaggio non specialistico. Anche per questo ha investito nella creazione di musei eccellenti, come quello dedicato alla relazione tra ricerca scientifica e il nostro territorio progettato da Renzo Piano, ridefinendo un'ex area industriale. Le interconnessioni di sistema sono il segreto del nostro sviluppo. E anche se siamo piccoli, grazie alla connessione, possiamo avere un ruolo da protagonisti».

Una città-piattaforma, dunque, non è un'erogazione di servizi ma una struttura abilitante per la generazione, privata, pubblica, associativa, di servizi. E, ovviamente, la narrazione della prospettiva di una città-piattaforma è parte integrante delle possibilità di sviluppo. Berners-Lee suggeriva di considerare la visione sintetica della poesia nella progettazione della piattaforma tecnologica. Non per niente, anche i rappresentanti delle aziende tecnologiche coinvolte nella costruzione di smart city, cercano una metafora. «La città intelligente è come una famiglia» ha detto Lorenzo Fiori, direttore tecnico di Finmeccanica «e tutte le sue varie attività hanno bisogno di un tetto che renda tutto interoperabile». E Dario Avallone, direttore della ricerca all'Engineering: «La città intelligente è come un'orchestra che ha bisogno di organizzarsi per collaborare allo scopo di generare un valore superiore a quello della somma delle sue parti». Gianni Camisa, amministratore delegato di Dedagroup, ha descritto la sua visione dei servizi informatici utilizzabili via internet – nella modalità del cloud computing – come una «nuvola con i piedi per terra».

È una ricerca di sintesi che serve a comprendere un sistema complesso come una città, resa più efficiente e veloce dall'uso intelligente delle tecnologie. Perché dopo le "smart connected communities", secondo Fabio Florio, di Cisco «è il tempo dell'internet of everything» dove tutto è connesso con tutto. E dunque per investire con efficacia occorre sviluppare una chiara visione delle priorità, come dice Oscar Cicchetti, capo delle strategie di Telecom Italia. E una volta deciso occorre partire e costruire, incalza Clara Pelaez di Ericsson, «altrimenti un paese resta indietro nell'attrazione di telenti e capitali».

La città-piattaforma è una visione che interpreta il nuovo contesto dello sviluppo e si incarna in una progettazione le cui conseguenze sono destinate a influire sulla vita degli abitanti per lungo tempo. Per questo, alla fine, la città intelligente ha bisogno di un intelligente senso di cittadinanza che motiva la collaborazione e la fiducia nella prospettiva comune. È un processo infinito. Ma urgente.

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