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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2013 alle ore 21:23.

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Strano anniversario. Più che la celebrazione di una tecnologia di 40 anni fa, il ricordo della prima telefonata senza fili di Martin Cooper del 3 aprile 1973 è una sfida all'immaginazione di fronte a ciò che è possibile si sviluppi nei prossimi 40 anni. Anche perché di quel telefono della Motorola, nei cellulari di oggi, non è rimasto quasi niente. Quello che chiamiamo telefonino era allora un "telefonone" che pesava un chilo e convinceva gli utenti a fare conversazioni brevi non per paura della bolletta ma per stanchezza del bicipite.

Quello che per noi è il figlio più personale dell'elettronica era un apparecchio che si collegava a una rete analogica e che aveva ben poco di digitale. Quel sofisticatissimo terminale di accesso a internet che oggi ci portiamo in tasca era allora solo un telefono che faceva qualche telefonata prima che la pila si esaurisse in una ventina di minuti. Se la tecnologia continuerà a mutare a questa velocità, finiremo col paragonare il telefono di Cooper ai piccioni viaggiatori piuttosto che agli strumenti della connessione mobile che ci porteremo addosso tra 40 anni.

Ma nell'esperienza di Cooper resta qualcosa di molto istruttivo: il ruolo della visione. Mentre camminava a New York componendo il numero della sua prima chiamata, il progettista della Motorola immaginava che in futuro ogni persona avrebbe avuto il suo cellulare e il suo numero di telefono personale: la sua visione si è praticamente avverata, anche se la tecnologia non è la sua. In un'epoca di «cigni neri», non possiamo prevedere come saranno i telefonini tra alcuni decenni. Ma possiamo proiettare la visione che i tecnologi coltivano per progettare le loro innovazioni.

Se finora il telefono è evoluto assorbendo una quantità di funzioni prima svolte da macchine diverse, oggi si assiste piuttosto alla possibilità di una fioritura di forme negli apparecchi della connessione mobile. C'è chi è affascinato dall'idea che Apple o Samsung usciranno con dei cellulari a forma di orologio da polso. Altri si concentrano sugli occhiali progettati a Google che consentono di guardare al mondo con le didascalie e le informazioni scaricate dalla rete. Qualche inventivo ingegnere pensa a un cappello connesso, con proiettore e telecamera, che consente di interagire con internet proiettando sul muro o sulla mano il quadro con le icone e le finestre da comandare a gesti. E dunque non si vede perché gli strumenti per collegarsi alla rete non dovrebbero assumere altre forme: dagli orecchini agli anelli, dai polsini alle scarpe. Del resto, questa fioritura di forme è abilitata dalla pervasività delle reti e dalla miniaturizzazione delle sim. Già Canon, Nikon e Samsung hanno le loro fotocamere collegate alla rete per pubblicare le foto direttamente sui social network. Si potrebbe finire per vedere che i computer indossabili sono in realtà una rete di apparecchi integrati nell'abbigliamento in modo da svolgere ogni funzione desiderata senza doversi portare appresso pesanti oggetti aggiuntivi tuttofare.

Intanto, la connessione senza fili si estende alle macchine. Sensori per leggere la temperatura e l'umidità sono in grado di inviare un sms ai coltivatori nelle zone di montagna per avvertirli dell'approssimarsi di una gelata, come già avviene in Trentino. E niente impedisce di immaginare le automobili che parlano con le centrali operative in caso di guasti, o con i semafori rossi in caso di distrazione del guidatore.
Se oggi i telefonini sono estensioni del corpo individuale che si connette alla rete globale, domani potrebbero diventare elementi di un ambiente digitale avvolgente per ogni persona e oggetto, con qualche preoccupazione per la privacy e il senso stesso di identità individuale. La stessa convivenza civile ne sarebbe sconvolta, avvicinandosi in qualche caso fortunato a una sorta di democrazia continua, accompagnata da connessioni always on, alla quale ha dedicato una profonda riflessione il giurista Stefano Rodotà.

Il guaio è che mentre nell'internet fissa è garantita la neutralità della rete, nella rete mobile non lo è. Significa che gli operatori possono scegliere a quali servizi gli utenti hanno il permesso di accedere e a quali è vietato. Le società dei prossimi 40 anni non saranno chiamate solo a comprendere il senso di una straordinaria esplosione tecnologica, ma anche, probabilmente, a ridefinire il significato di concetti come libertà individuale e di bene comune.

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