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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2013 alle ore 14:37.

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Un tempo c'era Altavista, (per i nostalgici c'è ancora, www.altavista.it, ma adesso è di Yahoo!) e i pionieri del web passavano molto tempo a scandagliare tra le pagine di risultati poco utili, aprendo decine di siti prima di trovare quello giusto. Oggi nessuno si avventura oltre la terza schermata di risultati, ma non sempre si trova ciò che si cerca. Un motore di ricerca è un sistema automatico che, partendo da parole chiave, consente di trovare le relative informazioni sulla rete.

Il problema è che il web è in continuo cambiamento e per riuscire a catalogare tutte le pagine sono necessari computer potentissimi, algoritmi matematici molto complessi e database sterminati. È un continuo work in progress: gli algoritmi vengono affinati quotidianamente non solo per riuscire a trovare tutti i risultati, ma soprattutto per identificare ed evidenziare quelli che interessano a chi esegue la ricerca. Il web è sterminato, è stato stimato che nel mondo esistono più di 600 milioni di siti, solo in Italia ci sono più di 2 milioni di domini .it e circa 3 miliardi di pagine. Con questa mole di dati competere con Google è impresa folle, la parola d'ordine è quindi differenziare.
Lo fa ad esempio Istella (www.istella.it), che si propone di diventare «la più grande piattaforma di ricerca, raccolta e condivisione del sapere comune italiano». Istella si legge come si scrive, e non "aiStella" come farebbe un fan di Apple. Il progetto nasce infatti da Renato Soru, ad di Tiscali, che dopo la parentesi politica come governatore della Sardegna, è tornato alla propria attività di imprenditore.

Qual è l'idea originale? Le informazioni arrivano in parte dagli utenti e in parte da accordi con enti e istituzioni per digitalizzare archivi non presenti sul web. Nella sezione mappe, ad esempio, troviamo la cartografia classica oppure possiamo osservare l'evoluzione del territorio negli ultimi decenni. Anche Quag (www.quag.com) è un progetto tutto italiano, nonostante il nome, che nasce dai termini inglesi Query e Tag, sembri indicare il contrario. Il suo motto è «We search together», la sua particolarità è infatti quella di metterci in contatto con altri utenti che hanno effettuato ricerche sullo stesso argomento. Dunque non solo sequenze di link da consultare, ma un vero e proprio strumento di interazione con gli altri, ovviamente nel rispetto della privacy. È il concetto stesso di community: utenti interessati a uno stesso tema, in grado di interagire tra loro, si scambiano pareri e consigli.

Qualche mese fa ci aveva già provato Volunia (www.volunia.it), anch'esso social-motore di ricerca tutto italiano, che però è stato vittima delle – troppe – attese generate. Qwant (www.qwant.it) è invece un'idea francese, il suo punto di forza sta in una grafica innovativa che permette di visualizzare immediatamente i risultati delle proprie ricerche sul web, tra le immagini e i video, tra le notizie d'attualità, quelli relativi allo shopping online e quelli sui social network.

Ci siamo divertiti a testare i nuovi motori di ricerca, usando Google come termine di paragone. Cercando un'auto sportiva, un sito specifico (il nostro), un evento sportivo, una ex-star di Hollywood come Warren Beatty o semplicemente notizie di un amico, abbiamo avuto risultati estremamente diversi tra loro. Dove i nuovi motori di ricerca trovano qualche decina di migliaia di risultati, Google ne recupera anche più di 1 milione, ma è capitato anche che i risultati dei nuovi motori abbiano identificato meglio ciò che stavamo realmente cercando. Non si possono certo considerare degli anti-Google, ma per alcune ricerche specifiche, e imparando a sfruttare al meglio le loro caratteristiche, meritano comunque di essere salvati tra i preferiti.

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