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Shopping di moda

Shopping di moda, nelle top 20 resistono Milano, Parigi e Tokyo. Nessuna città della Cina nel 2025

di Giulia Crivelli

Cinesi pronti al sorpasso sui russi negli acquisti tax free in Europa. Cinesi scatenati online, al punto da partecipare, per la prima volta, a Black Friday e Cyber Monday, le due occasioni di shopping più amate dagli americani, che le hanno inventate (sono il venerdì e il lunedì successivi a Thanksgiving, festività celebrata giovedì scorso). Sembrerebbe quindi facile indovinare quali saranno, nel 2025, le metropoli dove si venderà più abbigliamento femminile di lusso: Shanghai, Pechino, Hong Kong...

Sbagliato: secondo un recente report di McKinsey&Company, nella top 20 delle città leader per acquisti di prêt-à-porter di alta gamma (si veda il grafico) non c'è neppure una città cinese e persino Mosca – altro nome sul quale sembrerebbe facile scommettere – è fuori dalla top 5, che comprende Parigi, Tokyo, Milano, Londra e New York, tutte città decisamente mature. 
Come si spiega questa assenza, visto che i cinesi sono già oggi i primi consumatori di lusso, se si considerano gli acquisti fatti in giro per il mondo?

«È vero, a oggi i cinesi rappresentano circa il 30% del consumo globale del lusso, ma la maggior parte dei loro acquisti si concentra all'estero, dove i prodotti di lusso hanno un prezzo inferiore rispetto al mercato domestico e l'esperienza di acquisto è più distintiva e unica – risponde Marco Catena, partner di McKinsey –. Last but not least, ai cinesi che viaggiano piace mostrare che sono stati all'estero e che hanno comprato qualcosa. In futuro il trend si consoliderà: oggi, meno del 5% dei cinesi possiede un visto per l'espatrio: la percentuale di coloro che potranno effettuare acquisti all'estero potrebbe crescere in misura significativa, contenendo la quota di consumi che sarà realizzata in patria».

Le differenze tra i listini applicati in Cina e all'estero è confermata dai dati elaborati per Moda24 da Sistema moda Italia: per i cappotti e i completi da donna in maglia i dazi applicati in Cina sono, rispettivamente, del 19,7% e 16,5%, con picchi, per entrambe le categorie, del 25%. Situazione analoga per cappotti e completi da donna non a maglia, ai quali vengono applicati dazi medi del 16,45%. In altre parole, comprare abbigliamento di lusso in un negozio cinese può costare un quarto in più in Cina rispetto alle boutique di Parigi, Milano o Londra.

Le capitali della moda resteranno tali, secondo McKinsey, anche se aumenterà il peso dei consumatori dei mercati emergenti, che nel 2004 valevano solo il 10% del mercato globale dell'alto di gamma. Dal report emerge poi un altro trend: «La ricchezza e la crescita economica si stanno concentrando nelle cosiddette megacittà, veri e propri poli attrattivi, che nel 2025 rappresenteranno i due terzi della crescita economica globale – spiega Marco Catena –. È un trend che influenzerà in modo evidente le strategie dei brand del lusso: basti pensare che ben 21 delle prime 25 città al mondo in termini di contributo alla crescita globale si trovano nei mercati emergenti».

Interessante inoltre la differenza tra alto di gamma e largo consumo: «Come conseguenza diretta del trend di sviluppo della ricchezza, il mercato del lusso si concentrerà in misura sempre maggiore nelle città: nel 2025, l'85% della crescita nel settore dell'abbigliamento di lusso sarà concentrata nelle prime 600 città nel mondo, mentre nel mass market la percentuale scenderà al 40%», aggiunge il partner di McKinsey.

Le opportunità per le città mature di intercettare i consumi di lusso del prossimo decennio vanno oltre l'abbigliamento, che resterà centrale, come detto, a Parigi, Tokyo, Milano e Londra. New York, Los Angeles e Chicago invece saranno centrali per il business dei liquori e vini pregiati, mentre Hong Kong, Tokyo e Londra saranno al top per la cosmesi. Le percentuali elaborate da McKinsey parlano chiaro: nel 2004 i consumi di abbigliamento di lusso, liquori e vini pregiati e cosmesi riconducibili ai consumatori di Paesi emergenti erano, rispettivamente, 8%, 15% e 14%.

Nel 2011 lo scenario era già molto diverso, con le percentuali salite al 17%, 26% e 24%. Nel 2025 il cambiamento sarà ancora più evidente: i consumatori emergenti (che forse a quel punto sarà inopportuno definire tali) faranno il 32% degli acquisti di abbigliamento da donna, il 44% di quelli di liquori e vini pregiati e il 47% di quelli di cosmesi.

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