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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 06:39.
Fortemente legati fra loro, gli Scapigliati praticano le osterie, i caffè (l'Ortaglia ma anche il Savini), i teatri (Carcano, Dal Verme); l'università è quella di Pavia. Ancora l'Arrighi in una sua novella Suicidio li rappresenta così nei loro cenacoli (e sembra davvero una tela di Cremona): «Quella camera, dominata da una statuetta di Masaniello che chiama il popolo alla riscossa, divenne convegno di tre o quattro amici, tutti artisti come lui, grazie a Dio. Essi pensavano tutti come una persona sola, parlavano un mistico linguaggio tutto pieno di poesia, di allusioni e di frizzi, e si rispondevano in rime accompagnate da certi scoppi di risa, dei quali nessuno, tranne essi, avrebbe capito la ragione. In quelle ore di feconda follia spesso i turaccioli dello spumante francese volavano alla soffitta».
«Canterò le giornate erranti e pazze, | i teatri, i viottoli, le piazze, |i giocondi compar» canta a sua volta Arrigo Boito. Compari (i Praga, i Tarchetti) sempre in urto col loro tempo e con la città benpensante e arretrata: «Noi siamo i figli dei padri ammalati,... | svolazziam muti, attoniti, affamati... | Casto poeta che l'Italia adora (Alessandro Manzoni)... , | tu puoi morir, degli anticristi è l'ora» (Emilio Praga). Boito nei suoi anni giovanili contestò persino Verdi, per poi divenirne alla fine devoto librettista.
Socialismo e liberismo affilano dal canto loro le armi. I giornali e le riviste che sorgono e fioriscono a Milano proprio in quei decenni - i decenni, anche, della Galleria, del Monumentale e presto del liberty, - sono le palestre e le voci dissone di questa vitalità, così come le case editrici, da Sonzogno a Treves. Il quotidiano Il Secolo esordisce nel 1865, il Corriere della sera nel 1876. E ce n'è per tutti i gusti. Il 1865 è anche l'anno in cui spunta Il Sole. Giornale Economico-Finanziario-Commerciale, liberista e progressista («Noi crediamo nelle macchine... e nella libera coltivazione del tabacco») ma anche letterario per le sue appendici di racconti e addirittura di romanzi e per le rubriche di Felice Cameroni, maestro nei titoli, negli epigrammi e nella tecnica del giornalismo con la sua formula della "breviloquenza". E poi la Perseveranza, conservatrice, del manzoniano e rosminiano Ruggiero Bonghi, cui si contrappongono il Gazzettino rosa, libertario di Felice Cavallotti e il socialista La Plebe, ove scrivono Filippo Turati e l'operaio Leone Cappello. Né mancano di sorgere allora i primi periodici femminili: Eleganza, Margherita.
Altrettanto è militante il romanzo. Romanzo antilirico e sociale, anzi "socialista" come La folla, 1901, di Paolo Valera, poi rievocatore implacabile delle "giornate" del maggio del 1898, le giornate della "rivolta del pane". Tutta una letteratura a forti tinte, spinta spesso e volentieri fino al macabro, fino al ventre della città. Ancora nella citata novella del Suicidio (questo tema non solo letterario, ma pratica non rara in famiglia), sono descritti così i temi delle litografie di un giovane pittore tormentato dall'"umor nero" e protagonista del racconto: «Qua una povera fanciulla scalza, morente di fame e di freddo, che invoca un tozzo di pane per l'amor di Dio da un banchiere che corre alla Borsa e la ributta con un'ignobile parola. Là una bara che esce a mattino dalla portaccia di un povero morto di miseria e di stenti, la quale s'incontra in due domini coperti di trine e di diamanti che mettono il piede calzato di raso sul predellino di una carrozza dorata e vanno a riposare dal veglione nella notte». Che sono vere anche se volute istantanee della città ottocentesca.
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