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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 08:13.

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La divina commedia di una capitaleLa divina commedia di una capitale

A Napoli, nel pomeriggio del 25 marzo 1945, domenica delle Palme, il filosofo Benedetto Croce ascoltò una conferenza dell'avvocato Mario Ferrara, liberale, sottosegretario all'Assistenza nel governo Parri: e fu una conferenza «vigorosa, concreta, efficace, sui più urgenti problemi italiani dei quali non tutti sentono la gravità e il pericolo».

Il senatore Croce, che nell'anteguerra accompagnava le sue quattro figlie a vedere le farse di Scarpetta e dei fratelli De Filippo, si sarebbe sentito maggiormente rincuorato andando a teatro anche quella domenica mattina: Eduardo e Titina De Filippo gli avrebbero infatti offerto uno spettacolo per il quale avrebbe potuto spendere le stesse parole dedicate al discorso di Ferrara. Il quotidiano Il Giornale, che s'ispirava al suo magistero, l'aveva annunciato per tempo: «Ricordiamo che domenica alle 10 precise avrà luogo al San Carlo la prima rappresentazione per l'Italia della commedia in tre atti di Eduardo De Filippo Napoli milionaria. La manifestazione, che andrà a totale beneficio della istituzione dei "Figli del popolo", attirerà un pubblico numerosissimo».

Mancava un mese esatto alla fine ufficiale delle ostilità. Il fronte della guerra civile era fermo, la sua linea tagliava l'Italia in due dalla foce del Reno a Forte dei Marmi; da diciotto mesi Napoli era una città libera - prima metropoli europea a battere i nazisti senza aiuto esterno - ma occupata. Gli Alleati avevano requisito quasi tutti i teatri; Eduardo riuscì a ottenere il San Carlo, riservato agli spettacoli per gli ufficiali americani, per un giorno solo e a un orario incomodo, e unicamente per una recita pro orfani di guerra. Il titolo esatto della sua commedia aveva il punto esclamativo, Napoli milionaria! Poteva sembrare una trovata comico-satirica tipica delle compagnie dialettali che cambiano copione tutti i giorni per tenere all'erta il loro pubblico, invece era una novità assoluta.

Eduardo, che quattordici anni prima aveva fondato con i fratelli Titina e Peppino la «Compagnia del teatro umoristico», si era separato da Peppino e cominciava a correre un'avventura diversa. È lui stesso a raccontarne l'origine: «Poche settimane dopo la liberazione mi affacciai al balcone della mia casa di Parco Grifeo, e detti uno sguardo al panorama di questa città martoriata: così mi venne in mente in embrione la commedia e la scrissi tutta d'un fiato, come un lungo articolo sulla guerra».

Il Parco Grifeo, sulla collina del Vomero, domina realmente la città di Napoli e il suo golfo, ma la commedia non fu stesa di getto; varie versioni si susseguirono fra l'estate 1944 e il 25 marzo successivo, e le scene finali presero forma solo durante le prove. Le prime parole su carta furono un gesto senza precedenti: «'O vascio 'e donn'Amalia Jovine», punto e accapo. Prima della battuta iniziale, già la didascalia d'apertura è in napoletano: indica un luogo dominato da una donna, situato in mezzo a una strada e non più in un appartamento borghese di vario livello. Contemplando dall'alto la sua città Eduardo conquistava finalmente il piano terra.

Napoli milionaria! è una storia di poveri che fanno i soldi con la borsa nera: prima (primo atto) in tempo di guerra quando l'Italia fascista, guappo di cartone dell'Europa, comincia a pigliare mazzate su tutti i fronti, poi (secondo atto) durante la pace promiscua dell'occupazione angloamericana. Amalia Jovine (Titina) possiede cattiveria, autocontrollo e velocità che le permettono di moltiplicare le furbizie, le merci e il guadagno; sta sempre un passo avanti a fomentare quello che dovrà succedere. Suo marito Gennaro (Eduardo), che è calmo, volenteroso e onesto, si trova sempre in ritardo: rincorre, cerca di capire, di raccogliere, di tenere assieme, di riparare. È lui che si stende a fare il morto sopra il letto che copre il contrabbando, quando arriva la perquisizione dei carabinieri: ha paura ma non si muove neanche durante il bombardamento a tappeto, e il brigadiere che aveva capito il gioco lo premia andando via senza sequestrare niente e senza arrestare nessuno.

Ma questa è la farsa del primo atto: è ancora il vecchio teatro dei fratelli De Filippo; nel riprendere Napoli milionaria! a Roma, il nuovo Eduardo si rivolgerà al pubblico spiegandogli che tutto il suo teatro precedente è teatro dell'Ottocento e non si può più rappresentare: «Il secolo nuovo, per Napoli, comincia con l'arrivo degli Alleati. La guerra, io penso, ha fatto passare cent'anni». Le prime parole che Gennaro dirà ad Amalia, rientrando dalla prigionia in Germania a secondo atto inoltrato, saranno: «Nu seculo, Amà... Nu seculo...».

Al Parco Grifeo, Eduardo aveva eseguito una lettura privata della commedia a un suo amico e vicino di casa, il pittore Paolo Ricci, militante comunista; alla fine Ricci gli contestò la battuta conclusiva «Adda passà 'a nuttata» che gli suonava qualunquista e rinunciataria. Eduardo non la cambiò. La mattina del 25 marzo 1945 il San Carlo era strapieno. Era presente tutto lo stato maggiore del Pci campano: Giorgio Amendola, Mario Alicata, Paolo Ricci, Maurizio Valenzi, e i giovanissimi Gerardo Chiaromonte e Giorgio Napolitano. Eduardo affida a Enzo Biagi il suo ricordo: «I professori dell'orchestra, per assistere allo spettacolo, si erano infilati nel golfo mistico. "Vedrete che ci diffamerà", pensava qualcuno allarmato dal titolo (...) Arrivai al terzo atto con sgomento. Recitavo e sentivo attorno a me un silenzio assoluto, terribile.

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