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Questo articolo è stato pubblicato il 03 aprile 2011 alle ore 15:00.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2011 alle ore 15:13.
Fin dalla primavera del '56, giardino e parco erano affidati alle cure di Josef Laube, che fu più tardi sostituito da Anton Jelinek il quale aveva preso parte alla spedizione della fregata Novara intorno al mondo. Il quadrato di poppa della nave fu ricostruito a Miramare e divenne lo studio di Massimiliano. Ma in quel paradiso ch'era reggia, serra, cantiere e laboratorio, Carlotta non era felice. Figlia di re, consorte d'arciduca, era cognata della più bella imperatrice del mondo, Sissi, e ne invidiava il diadema. Su di lei seppe far leva Napoleone III con un'altra imperatrice, la moglie Eugenia, che lavorava a un'intesa tra i sovrani cattolici d'Europa per fermare l'orrida prospettiva di rivoluzioni democratiche e quella, ancor peggiore, di un'egemonia britannica e prussiana - cioè protestante - sul continente.
Napoleone, che non digeriva la pretesa degli Stati Uniti a tenerne lontane le pretese coloniali europee, approfittò della guerra di Secessione per mettere a punto una combine che prevedeva la restaurazione in Messico d'un impero sul cui trono doveva sedere un discendente di Carlo V, il sovrano sulle terre del quali non tramontava il sole. Il clero messicano e i latifondisti d'origine spagnola del Paese intendevano garantire un sicuro ordine conservatore.
Carlotta sarebbe stata imperatrice, come le altre teste coronate d'Europa, Elisabetta d'Austria, Eugenia di Francia, Vittoria d'Inghilterra. Sarebbe stato Napoleone III ad assicurare la copertura economica e la forza militare: ma Francesco Giuseppe, comprendendo che il prezzo di ciò era un'egemonia francese sul nuovo impero latinoamericano, era lontano dall'essere entusiasta dell'impresa. Forse, Massimiliano contava su di lui per ricevere un veto da opporre alle bizze di Carlotta.
Il veto non venne. Arrivò nel '63 a Miramare la delegazione del governo messicano, a offrire all'arciduca la corona e lui partì con Carlotta il 14 aprile '64.
Non sarebbe più tornato. In Messico, mise in atto un programma di riforme, che non gli conciliò le simpatìe dei democratici patriottici locali, mentre gli alienarono quelle dei conservatori che lo avevano invitato al trono. Catturato dai repubblicani di Benito Juarez, fu fucilato a Queretaro il 27 giugno 1867. L'imperatore inviò in Messico l'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, il trionfatore di Lissa, per riportare la salma in patria. Così, le mura di Miramare assisterono al lento sprofondare di Carlotta nella follia.
Giosuè Carducci non amava gli Asburgo, ma la tragedia di Massimiliano lo commosse. E Miramare, con i suoi toni macabri è la più "gotica" delle Odi barbare.
I triestini amano Miramare. Fanno jogging, portano i bambini di domenica. Ma basta che il cielo si oscuri e torna la magia oscura di quel castello che ha assistito alla malasorte di un principe e di una giovane imperatrice per pochi mesi. Miramare fa paura e, anche se nessuno lo dice, gode di fama sinistra. La sua immagine gaia e tragica riassume questa terra fatta d'allegria e tragedie, dove si ama il vino e si vive nei caffè, ma a due passi dalla cupa mole della risiera di San Sabba e dalle bocche spalancate delle foibe. Trieste, dove per indicar qualcuno si dice "quel mato", quel matto, e dove l'istituzione più consueta dell'intellighenzia locale sembra essere il suicidio. Vento, mare, ricordi, paura, follia, gioia di vivere.
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