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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2014 alle ore 07:40.
L'ultima modifica è del 25 febbraio 2014 alle ore 15:43.

E be', tornato a Milano mi presento da Aldo Giordani a Superbasket. Il suo ufficio era una roba, c'era di tutto e mi domandavo lui come potesse trovare le cose. Consegno il mio pezzo sull'America. Lui: «Mah, do un'occhiata...». Una settimana dopo l'ha pubblicato. Poi da lì in poi lui mi ha detto: «Vabbè, ma se tu vai così spesso in America scrivi qualcosa perché mi diverte», e da lì ho iniziato a collaborare. E diciamo la mia carriera nasce così. Un giorno porto Flavio Tranquillo a conoscerlo...
Flavio l'avevo conosciuto così: mi avvicina a un campetto perché mi aveva sentito alla radio che commentavo l'Olimpia e lui con la tessera d'arbitro poteva venire di fianco a me in tribuna stampa, a tenere i punti... Io dico: «Ma questo è un fenomeno», lo porto da Giordani (4) e insieme la domenica noi stiamo con lui, perché il Superbasket per noi era praticamente la Stoà, cioè lui arrivava e questo Aristotele di pensieri ci parlava, ci raccontava questi aneddoti che poi tendeva a raccontare continuamente, e noi li sapevamo tutti, ma non importa... A parte il fatto che noi mangiavamo gratis in questo ristorante vicino alla Stazione Centrale, dopo che avevamo chiuso i pezzi, quindi alle 22.30-23, lui prendeva sempre una bottiglia di rosé, un vino che si chiamava Rivera, mangiava sempre i tortellini in brodo e poi... Era Aristotele e la Stoà, soltanto che anziché camminare, ché non era peripatetico, era stanziale, sedeva, ma non ci guardava in faccia: lui parlava e noi dovevamo, come con un maestro giapponese, rubare senza che lui potesse ripetere o insegnare, noi rubavamo la parola e la gestualità... Naturalmente, noi sentivamo tutte le sue telecronache, io e Flavio le avremmo potute recitare a memoria...

Come noi le vostre.
Esatto, soltanto che prima di lui non c'era mai stato nessuno, quindi lui è il logos del gioco, nel vero senso della parola. Ancora adesso Flavio usa delle espressioni di Giordani di allora: «Non si può esimere», «stare in linea di galleggiamento». «Non può esimersi» arrivò da una partita di Varese contro Cantù, con Rusconi (5) allora playmaker di Varese... Cantù gli diede spazio per tirare raddoppiando continuamente Bob Morse, e su tutti gli scarichi, Rusconi che non tirava quasi mai aveva 3-4 metri di spazio... «Non può esimersi!» (dal tirare), e quella cosa è talmente restata che ancora adesso «Non può esimersi» è Rusconi a Cantù detto da Giordani...
Tutte le espressioni di Giordani, le americanizzazioni di Giordani: «Ventello», «Trentello», «Gara Uno», fu il primo che tradusse Game One con «Gara Uno» e lui italianizzava le parole americane...

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