Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2011 alle ore 11:41.

My24
Un piano per l'olio d'olivaUn piano per l'olio d'oliva

Per imboccare la strada dello sviluppo l'olio d'oliva prova a ricalcare le orme del vino made in Italy. E lo fa sul fronte degli investimenti proponendo a Bruxelles di ampliare il raggio d'azione dei Piani operativi per rafforzare la competitività delle imprese. Le nuove proposte puntano sulla ristrutturazione degli uliveti obsoleti e sulla promozione sui mercati internazionali. Le stesse leve azionate negli ultimi anni dal vino italiano per fronteggiare la crisi del 2008-09 e per poi ripartire nel 2010 mettendo a segno nuovi record sul fronte dell'export.

Il settore dell'olio d'oliva ha bisogno di un cambio di marcia. L'olivicoltura italiana vale circa 3,2 miliardi di euro, conta oltre 775mila aziende che impegnano una superficie di oltre 1,1 milioni di ettari e una produzione che si è ormai stabilizzata intorno alle 550mila tonnellate (contro l'1,2 milioni di tonnellate della Spagna).

In grande sviluppo si presentano sia le esportazioni che le importazioni a riprova di un crescente interesse sui mercati internazionali. Numeri di tutto rispetto, quindi, ma che devono fare i conti con un trend dei prezzi che negli ultimi anni è stato penalizzante. Anche se all'olio made in Italy vengono riconosciute quotazioni superiori rispetto al prodotto greco o spagnolo, tuttavia i listini a malapena riescono a coprire i costi di produzione. La scorsa settimana, secondo Ismea, l'extravergine in Italia ha toccato i 3,6 euro a litro. Una quotazione che non garantisce ai produttori margini sufficienti. Basti pensare che, secondo Unaprol,uno dei principali consorzi di produttori, il costo di produzione in media varia tra i 3 euro al litro per un extravergine base e i 5 euro per un olio dop o biologico.

Da qui le proposte italiane per rafforzare la competitività delle imprese attraverso una ristrutturazione del potenziale produttivo e un rafforzamento della capacità di recitare un ruolo di primo piano sul mercato. Vanno in questa direzione, ad esempio, le richieste che, in vista della riforma della Pac, sono state avanzate al ministero per le Politiche agricole dall'associazione interprofessionale dell'olio d'oliva che riunisce 11 sigle fra organizzazioni agricole, unioni di olivicoltori, cooperative, frantoi, industrie confezionatrici e imprese del commercio.

«Per il triennio 2013–15 – spiega il presidente dell'associazione interprofessionale, Pina Romano – il settore ha a disposizione risorse Ue per circa 108 milioni. Un budget accantonato con una trattenuta del 5% sui circa 720 milioni l'anno erogati da Bruxelles sottoforma di aiuti alla produzione. Queste risorse in passato si potevano utilizzare solo per migliorare la qualità, promuovere la certificazione o ridurre l'impatto ambientale. Ora vogliamo dirottarle verso la ristrutturazione degli uliveti e verso azioni in grado di avere un impatto sul mercato magari favorendo la concentrazione dell'offerta e incentivando le azioni promozionali».

La richiesta avanzata dall'interprofessione è stata accolta positivamente anche da altre componenti della filiera olivicola. «In vista della riforma in Europa prevalgono due tipi di richieste – spiega il presidente dell'Unaprol, Massimo Gargano –: da un lato, quella dei produttori spagnoli che di fronte ai prezzi bassi riconosciuti ai loro oli (compresi quelli di maggiore qualità) si preoccupano solo di avere aiuti Ue allo stoccaggio privato; e, dall'altro, quella degli italiani che, invece, dopo aver scommesso su etichettatura d'origine e certificazione si vedono riconoscere prezzi migliori dal mercato e puntano ora a rafforzare ulteriormente la competitività delle imprese».

Ma qualche novità potrebbe venire anche dal fronte dell'etichettatura. Nonostante l'Italia, proprio con l'olio d'oliva, abbia fatto da apripista in Europa sul tema dell'indicazione obbligatoria dell'origine in etichetta, tuttavia il "cantiere", come accennato anche dal ministro per le Politiche agricole, Saverio Romano, si potrebbe presto riaprire. «L'idea del ministro – aggiunge Gargano – è quella di richiedere che il paese d'origine dell'olio, oggi riportato sulle bottiglie ma nella retroetichetta, venga promosso invece nella campo principale». «Stiamo attenti a non concentrarci su falsi problemi – dice dal canto suo il direttore dell'Assitol (l'associazione delle industrie olearie), Claudio Ranzani –. Abbiamo già impegnato molto tempo a parlare di etichettatura. Puntiamo ora a rafforzare la competitività delle imprese made in Italy sui mercati internazionali dove non ci siamo più solo noi e gli spagnoli. Le produzioni di Australia, Argentina, Cile e Stati Uniti fra il 2001 e il 2011 sono passate da 12mila a 49mila tonnellate. E se questi ritmi di crescita verranno confermati dovremo presto guardarci anche nell'olio, come già avvenuto nel vino, dall'offensiva di nuovi produttori».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.