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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2011 alle ore 06:40.

Lo scenario cambia. I casi del blocco alla centrale Enel di Porto Tolle e all'Ikea di Pisa mostrano che dopo la paralisi dei progetti dovuta alle contestazioni dei comitati locali, oggi il nemico più ricorrente dei nuovi impianti è l'amministrazione pubblica. Gli stop scaturiscono dal contrasto fra gli enti locali e il governo centrale. Dal braccio di ferro tra politici.

Dalle diverse magistrature, come nella vicenda di Porto Tolle dove il Consiglio di Stato dà torto al ministero dell'Ambiente e al Tar. Si delinea anche una diversa mappa delle rappresentanze sociali, con i sindacati a fianco delle imprese e i comitati locali anti-progetti a fianco dei sindaci.

Il censimento dei contenziosi locali del Nimby Forum (l'osservatorio dell'Aris che in aprile ha pubblicato la sesta edizione del rapporto) ha rilevato che i "nemici" più forti di centrali elettriche, inceneritori, linee ferroviarie, stabilimenti non sono più i contestatori che si raggruppano con i cartelli scritti a vernice, ma i sindaci e i presidenti delle province. Se c'è un veto municipale, il no arriva nel 60% dei casi dalle amministrazioni comunali guidate da liste civiche, mentre le giunte di destra e di sinistra sono pari al 20%. Gli oppositori più spietati sono i vicini. Il comune interessato dal progetto è favorevole o contrario nella metà dei casi, ma il comune confinante fa barricate contro il progetto nell'89% dei casi. Lo stesso vale per la provincia e la regione (più spesso si oppone la provincia o la regione adiacente).

«Non è più una contestazione popolare ma un'opposizione politica e giuridica. Il rimpallo tra Tar e Consiglio di Stato, oppure tra governo locale e governo nazionale, fanno più danni dei comitati di contestatori», osserva Alessandro Beulcke, capo del Nimby Forum, il quale ha censito ogni anno 150 nuovi impianti contestati (158 l'anno scorso, secondo il censimento Nimby Forum di aprile) che si sommano alle contestazioni già in corso da anni, per un totale di 320 progetti paralizzati nel 2010.

La lista non ha fine. Qualche nome simbolico? Ecco la centrale a carbone (gemella di quella di Porto Tolle) che la svizzera Repower vorrebbe costruire a Saline Ioniche (Reggio Calabria). Ecco la storia infinita del rigassificatore che la British Gas tenta di realizzare a Brindisi: il progetto ha la stessa età di un ragazzo che frequenta la prima media.

In qualche caso si decide il successo o la sconfitta di un paese, com'è accaduto in questi anni in Piemonte. È la storia di Guido Ghisolfi, che con l'azienda di famiglia (il colosso alessandrino Mossi&Ghisolfi, il più importante produttore al mondo di plastica Pet per le bottiglie) aveva deciso di costruire a Rivalta Scrivia una bio-raffineria per produrre con materie prime vegetali carburanti innovativi come la benzina pulita all'alcol. Ebbene, Rivalta Scrivia ha contestato l'investimento e la raffineria pulita è stata vinta da Crescentino (Vercelli), dove la sindaca Marinella Venegoni ha indovinato la mossa vincente e ha appoggiato il progetto: l'impianto è in costruzione al posto della fonderia lasciata dalla Teksid (gruppo Fiat).

Lo stop ai progetti ha conseguenze a cascata. L'Enel per la centrale di Porto Tolle aveva già aperto i bandi di gara per le forniture. Ci sono centinaia di aziende pronte alla corsa. Un caso per tutti, la Bonetti di Garbagnate Milanese è uno dei più forti produttori al mondo di valvole speciali per l'industria dell'energia e per le centrali elettriche, e l'amministratore delegato Giuseppe Dalmasso – già deluso dall'esperienza dello stop improvviso alle forniture del programma nucleare deciso dal governo – rafforza «i mercati esteri, come il nuovo stabilimento che abbiamo in India, perché l'Italia è sempre più chiusa».

Ieri il ministro dello Sviluppo economico ha lanciato un nuovo allarme. Il blocco alla centrale elettrica sul delta del Po «rischia di cancellare un intervento importante per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese e per la riduzione del costo finale dell'energia».

Ecco la voce di Andrea Clavarino, presidente dell'Assocarboni: «Con il quadro normativo italiano sempre incerto non c'è da stupirsi se il nostro paese non attira investimenti esteri diretti».

Preoccupate le imprese rovigotte. «L'investimento deve restare qui», chiede all'Enel e alle istituzioni Emilio Oriboni, direttore del Consorzio Polesine, che raccoglie 65 imprese locali e circa mille addetti. «Porto Tolle è un caso unico in Italia. Non è mai successo che un territorio sia unito a favore di un progetto, condiviso da tutte le istituzioni, e che poi questo sia bloccato da un ricorso di associazioni che non rappresentano la volontà del territorio. In questa situazione il nostro consorzio di imprese è, come si dice, "alla frutta": non possiamo arrivare fino al 2012 e aspettare l'apertura di un nuovo iter».

I dipendenti dell'Enel di Porto Tolle hanno organizzato ieri una protesta (un'altra potrebbe tenersi a giorni a Roma): «Le istituzioni devono essere al nostro fianco», avverte Dalmazio Passarella, della Filcem Cgil e delle rsu della centrale; «chiediamo un intervento della presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia. Non è possibile che l'investimento vada all'estero».

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