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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2011 alle ore 09:39.

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Maersk lascia Gioia TauroMaersk lascia Gioia Tauro

Maersk, il colosso danese numero uno al mondo nel trasporto container, lascia il porto di Gioia Tauro. La notizia si è abbattuta ieri, come uno tsunami, su uno scalo che finora, nonostante i postumi della crisi economica globale, le contrapposizioni tra terminalisti e sindacati, il fermo di 30 ore, ai primi di gennaio, per mancanza di navi, rappresentava uno dei punti di forza dell'economia calabrese.

E ora perde, in un solo colpo, circa il 25% dei container movimentati. Dopo un concitato comitato portuale straordinario, tenutosi nella tarda mattinata, mentre, all'esterno, i lavoratori si riunivano in un sit-in davanti alla sede dell'Autorità portuale, ieri Domenico Bagalà, ad di Medcenter (Mct), la società che gestisce il terminal del porto, ha confermato l'abbandono di Gioia Tauro da parte della Maersk e la conseguente perdita, entro metà luglio, della movimentazione di centinaia di migliaia di teu (container da 20 piedi).

L'uscita dei danesi, ovviamente, avrà una diretta conseguenza sull'occupazione e provocherà esuberi che si aggirano intorno, almeno, al 25% della forza lavoro di Mct, che è di 1.100 addetti. Senza contare l'effetto sull'indotto.

Maersk, tra l'altro, è azionista al 33% di Medcenter mentre le quote rimanenti fanno capo a Contship Italia. Quest'ultima, rimane in attesa di un incontro previsto, per la prossima settimana, con la Regione Calabria. Ma Bagalà ha chiesto aiuti economici all'ente per poter affrontare la situazione. Il vicepresidente della Regione, Antonella Stasi, ha garantito la massima attenzione, chiedendo, al contempo, all'azienda terminalista, un piano industriale, come base di confronto sugli strumenti che possono essere attivati non solo da parte della Regione ma anche dal governo nazionale.

La situazione è particolarmente grave: fino a ieri la compagnia aveva, su Gioia, sei servizi diretti con navi madre che poi, nel porto, trasbordavano i container su navi feeder, le quali li portavano in altri scali. Tutti quei servizi ora vengono eliminati e resta solo quello dedicato all'import-export di container per il Sud Italia. In pratica, per Maersk, Gioia Tauro perde completamente la sua funzione di porto di transhipment per diventare uno scalo di stazionamento di pochi container, destinati esclusivamente al Meridione.

La compagnia, ha spiegato il presidente dell'Autorità portuale, Giovanni Grimaldi, servirà Gioia con un solo «feeder, in collegamento da Genova». Nel 2010, il porto calabrese ha movimentato 2,85 milioni di container. Maersk rappresenta il 25% di questo traffico e quindi a tanto ammonta la perdita che lo scalo subirà. Un crollo molto forte, arrivato in un momento in cui Gioia mostrava un trend positivo. Tra gennaio e aprile 2011, infatti, sono stati movimentati 969mila teu, contro gli 865mila dello stesso periodo del 2010.

Eppure i segnali dell'abbandono di Maersk arrivavano da tempo, con un rallentamento della movimentazione, che faceva il paio con l'allarme dell'altro grande armatore che opera sullo scalo: Gianluigi Aponte. Il timoniere di Msc, a gennaio di quest'anno aveva dirottato le navi da Gioia al Pireo, aprendo la via a 30 ore di fermo del porto (per mancanza di arrivi) e denunciando sulle banchine calabresi «assenteismo e bassa produttività».

Un porto, aveva detto allora Aponte, «deve essere in condizione di lavorare 365 giorni l'anno e invece questo, a Gioia Tauro, non avviene (si veda il Sole 24 Ore del 18 gennaio, ndr)». Ma se, da un lato, pesano le osservazioni sulla produttività degli addetti, dall'altro Gioia Tauro viene schiacciato dal basso costo del lavoro nei concorrenti porti di transhipment nordafricani.

Maersk, nonostante la port Authority di Gioia abbia azzerato le tasse di ancoraggio, trova più conveniente fare scalo a Port Said, per i trasbordi. E comunque, mettendo in attività, nei giorni scorsi, un nuovo servizio con navi madre dall'Estremo Oriente su Genova ha deciso di saltare Gioia Tauro: «La nostra intenzione - ha annunciato Todd Pigeon, ad di Maersk Italia - è rimanere competitivi sul mercato e perciò dobbiamo rivolgerci a scali, a loro volta, sempre più competitivi. Abbiamo deciso, quindi, di non scalare Gioia Tauro col nostro nuovo servizio. In questo modo ci è possibile arrivare più velocemente a Genova, riducendo i tempi di percorrenza».

Un annuncio che si è trasformato nell'epifania dell'abbandono completo dello scalo da parte della compagnia. «Bisogna far sì - ha detto il presidente del porto, Grimaldi - che i porti di transhipment nojn vengano più aggrediti da quelli del Nord Africa». E giustamente preoccupati appaiono i sindacati (Filt-Cgil, Fit-Cisl, Sul e Ugl), che chiedono impegni precisi da parte di istituzioni locali e governo.

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