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Questo articolo è stato pubblicato il 28 giugno 2011 alle ore 07:59.

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ROMA. Nulla è scontato. Al varo della manovra è appesa la tenuta del governo. Giulio Tremonti non è disposto a lasciare molti margini alla trattativa. La forbice tra i Btp e il Bund s'è allargata a 223 punti base, segnando un nuovo massimo storico dall'introduzione dell'euro e guadagnando altri nove punti rispetto al record di venerdì.

Lo ricorderà stamane a Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, ai quali illustrerà in un vertice ristretto le misure che verranno inserite nei provvedimenti all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di giovedì. «Io vado avanti», continua a ripetere. Tremonti è perentorio: «La manovra va fatta, dobbiamo rispettare gli impegni assunti e garantire il pareggio del bilancio entro il 2014».

Nessuno al momento è in grado di fare previsioni. C'è chi sostiene che il premier sarebbe pronto a tornare alla carica per una approvazione in due tempi della manovra, smentita però precipitosamente pochi giorni fa. Si parla di uno slittamento di pochi giorni. Ma è una delle tante ipotesi che circolano in queste ore convulse e tesissime. Se otterrà il via libera dal premier e dal Senatur, in serata Tremonti potrebbe partecipare alla riunione indetta per le 18,45 a palazzo Chigi con tutti i ministri. Un passaggio che potrebbe servire a dare l'idea di quella collegialità, che continuano a lamentare i colleghi del titolare di via XX Settembre.

Finora in effetti il superministro di carte e numeri ne ha fatti circolare pochini. Di qui l'aumento della tensione e di una vera e propria rabbia nei suoi confronti di cui si è fatto interprete Guido Crosetto, il sottosegretario alla Difesa ed ex responsabile economico di Fi, arrivato a mettere in dubbio la sanità mentale del collega di governo e che ieri è tornato alla carica sostenendo che «Tremonti non è Dio» e deve «confrontarsi» con i colleghi di governo: «Per tutti i membri del governo é assolutamente normale chiamare il capogabinetto di Tremonti 20 volte al giorno per una settimana e non trovarlo», si è sfogato ieri a Radio 24. Giudizi che vengono derubricati a «opinioni personali» ma che in realtà sembrano trovare molti sostenitori dentro il Pdl, nel governo ma anche nella Lega.

Non a caso più di qualcuno ha osservato che le dichiarazioni di Crosetto sono uscite a poche ore di distanza dalla sua chiacchierata con il premier al matrimonio di Mara Carfagna. «Berlusconi ha però le mani legate...», sostengono diversi esponenti del partito del premier. Ecco allora che si guarda soprattutto a Bossi. È proprio il rapporto con il Carroccio che potrebbe decidere l'esito degli incontri di oggi. Ieri a via Bellerio lo stato maggiore della Lega ha momentaneamente messo da parte le divisioni interne per concentrarsi sulla manovra.

«Se l'asse tra Bossi e Berlusconi tiene, per Tremonti stavolta non sarà così semplice trincerarsi dietro il silenzio e arrivare in consiglio dei ministri con un testo blindato», spiegava ieri un ministro a microfoni spenti, convinto che è «sulla manovra e non sulle inchieste giudiziarie che si decide se andiamo o no avanti». Ma certo non è un caso – sottolinea uno dei principali esponenti del Pdl – che tra le indiscrezioni emerse in questi giorni, quella sui tagli ai costi della politica si ricalchi «in tutto per tutto, l'articolato messo a punto dalla Lega e che Reguzzoni (capogruppo del Carroccio alla Camera, ndr) stava già per presentare».

Insomma, il ministro dell'Economia avrebbe messo sul piatto una fiches che i padani potrebbero spendersi bene dalle loro parti. Basterà? «Se pensa di poter scambiare la riduzione delle auto blu con l'aumento dell'età pensionabile si sbaglia di grosso», è il commento che arriva dalla Lega che è pronta a fare le barricate per difendere «i lavoratori e i sindaci del Nord». Così come i parlamentari meridionali sono pronti a dare battaglia sulla possibile riduzione del Fas. Siamo solo all'inizio.

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