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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 07:50.

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«Alla fine degli anni 80, quando credevamo di aver visto tutto il possibile, l'Europa ci sorprese tutti con una rapida marcia verso l'Unione monetaria», scriveva Paul Krugman in un libro di alcuni anni fa.
Dietro quella sorprendente marcia c'erano un progetto chiaro e lungimirante, frutto di un "orgoglio europeo" non fumoso, ma pragmatico, e una leadership in grado di realizzarlo. Il progetto dell'Unione monetaria europea (Uem) proponeva una grande zona di stabilità in difesa degli interessi europei, in un quadro internazionale caratterizzato da cambi fluttuanti e da un dollar standard puro, slegato definitivamente da qualunque riferimento sia pur virtuale a un tallone aureo. La leadership politica dei Paesi aderenti riuscì a realizzare il progetto, sebbene molti fossero gli osservatori che scommettevano contro, come la frase di Krugman lascia trasparire.

Un progetto chiaro e la leadership per realizzarlo è ciò di cui Eurolandia ha bisogno oggi, di fronte a un'ondata di "scommesse" contrarie che indossa le vesti della speculazione, più pericolose di quelle di disinteressati osservatori quali Krugman e altri economisti.

La proposta di EuroUnionBond (Eub) avanzata da Alberto Quadrio Curzio e Romano Prodiva, a mio parere, nella direzione giusta, coniugando in buone dosi pragmatismo e sofisticazione tecnica da un lato, visione di lungo periodo dall'altra.

La proposta fa chiarezza su un nodo di fondo, ossia la necessità di un intervento comune, se la sopravvivenza dell'euro deve essere garantita. Essa, però, potrebbe sembrare "sospetta" data la sua provenienza, essendo l'Italia, Grecia esclusa, il Paese con il più alto rapporto debito/Pil tra quelli di Eurolandia. Ma, se questo è vero, è anche vero che l'Italia è il terzo Paese al mondo per quantità di riserve auree: oltre 2.450 tonnellate (circa 8mila gli Usa e 3.400 la Germania), pari a circa 100 miliardi di euro al cambio odierno. Germania e Francia dovrebbero essere rassicurate: non c'è sospetto di un tentato free riding (di un tentativo di procurarsi un viaggio gratuito, o un pranzo a sbafo) nella proposta in esame, perché essa prevede che l'Italia partecipi con tali riserve (oltre che con altre quote in azioni) al capitale conferito a garanzia dell'Eub, in un ruolo di primo piano che ha la possibilità di svolgere. Come ulteriore clausola di garanzia, il progetto prevede, in caso di sforamento nazionale del tetto medio europeo nel rapporto debito/Pil residuo, una possibile riduzione del potere di voto nel nuovo organismo che gestirà l'Eub.

La proposta scioglie un altro nodo rilevante, chiarendo chi debba essere protagonista dell'intervento: oggi interviene la Bce con molta liquidità (finora circa 110 miliardi) per l'acquisto di titoli dei Paesi soggetti a speculazione. La sua azione è accostabile a quella della Fed nel 2008. Ma questo intervento è contestato come di dubbia costituzionalità alla luce dei Trattati europei. È di due giorni fa la pesante bordata del presidente tedesco, Christian Wulff. Occorrerebbe una riscrittura dei Trattati, un processo da non archiviare, ma lungo e faticoso, come l'Europa ha avuto modo di constatare. Il Fondo finanziario europeo (Ffe) potrebbe invece entrare immediatamente in azione. La speculazione non aspetta la revisione dei Trattati.

La realizzazione della proposta sarebbe un grande passo verso la stabilizzazione finanziaria dell'Europa. Costituirebbe un grande passo verso un coordinamento politico, che è forse quanto temono coloro che sostengono un'Europa dei capi di Stato piuttosto che un'Europa sovranazionale, con un'identità politica unitaria, quale i padri fondatori avevano in mente. Ma questo potrebbe essere un vantaggio. Il nodo di un maggior coordinamento delle politiche economiche nazionali emergerebbe con più chiarezza (dalle politiche fiscali a quelle del welfare, passando per il campo "minato" delle politiche industriali, cui ha fatto riferimento Franco Debenedetti ieri, nel suo commento, interessante e malizioso, alla proposta).

Due osservazioni finali sulle implicazioni di lungo periodo della proposta. Primo: l'Occidente si avvita in una crisi di cui non si vede la fine. La bassa crescita è il nodo principale, e anche i mercati sembrano esserne consapevoli. La proposta affronta il problema in due modi, sia destinando una parte delle risorse dell'Ffe a progetti in infrastrutture e nei settori strategici; sia dando un ruolo attivo all'oro in questo grande progetto. Keynes attribuiva in parte la Grande depressione alle spinte deflazionistiche impresse all'economia mondiale dai Paesi che avevano tesaurizzato l'oro, anziché rimetterlo nel circuito economico. Secondo: l'euro, come i commentatori internazionali riconoscono, è stata ed è ancora l'unica alternativa valida al dollaro come valuta di riserva internazionale. Il suo ruolo è stato in crescita fino alla crisi globale e alle successive ondate speculative contro i Paesi deboli dell'area euro. La posta in palio è alta.

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