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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2011 alle ore 11:16.

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Emma Marcegaglia (Ansa)Emma Marcegaglia (Ansa)

L'inflazione scenderà al 2% nel 2012
L'inflazione misurata con i prezzi al consumo scenderá dal 2,7% nel 2011 al 2% nel 2012. Le retribuzioni, sottolinea il Centro studi di Confindustria, difendono il potere d'acquisto, che non può essere aumentato in assenza di significativi guadagni di produttivitá.

Zavorre, ostacoli e pericoli remano contro il radicamento della ripresa
Nel quarto anniversario della crisi finanziaria lo scenario economico globale è sensibilmente peggiorato. E l'Italia ha anticipato e accentuato la frenata internazionale. Incidono zavorre, ostacoli, pericoli: il credito è sempre più selettivo, la disoccupazione è elevata, c'è la crisi irrisolta dei debiti sovrani, il caro energia, il costo del denaro in aumento, la fragilità dei mercati immobiliari, l'eccesso di capacità produttiva a livello mondiale in molti comparti, che impone una ristrutturazione. Tutti fattori, spiega lo studio coordinato da Luca Paolazzi, «che remano contro il radicamento della ripresa».

Crollano i consumi delle famiglie
Crollano i consumi delle famiglie italiane. Nel 2011 risultano pari allo 0,7% e nel 2011 scendono allo 0,1% per cento. Andamento che porterà le famiglie ad «abbassare ulteriormente la già notevolmente intaccata capacità di risparmio» in quanto il reddito disponibile peggiora in termini reali: -0,8% nel 2011 e -1,1% nel 2012. Il benessere degli italiani è, dunque, in declino, ai livelli del 1999. Il Centro Studi di Confindustria spiega che «in termini assoluti il Pil procapite sarà l'anno prossimo del 6,9% inferiore a quanto era nel 2007 e ai livelli del 1999». Dunque «ai dieci anni perduti se ne sono aggiunti altri tre. In termini relativi, rispetto alla media europea, il reddito degli italiani passa dal 107% nel 1996 al 93% nel 2012».

Circolo vizioso fra bassa crescita e bassa occupazione
L'exit strategy dagli elevati deficit di bilancio ha, stando alle parole dell'FMI, come effetto di breve periodo, la riduzione della produzione e l'innalzamento della disoccupazione, soprattutto se il risanamento dei conti pubblici avviene con maggiori imposte. C'è un circolo vizioso fra bassa crescita e bassa occupazione. «Senza una ripresa più sostenuta non si crea un numero adeguato di nuovi posti di lavoro», sottolinea il rapporto. E senza i nuovi posti di lavoro «non ripartono i consumi e la ripresa non si consolida».

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