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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2011 alle ore 08:46.

Alta tensione tra Pechino e Washigton sulla questione valutaria. La ragione è la legge in discussione al Congresso che si propone di penalizzare con nuove imposizioni i paesi che manipolano la propria valuta quale appunto, secondo lo stesso presidente Obama, la Cina. Nella settimana in cui Senato degli Stati Uniti dovrebbe arrivare a una votazione finale arriva l'avvertimento da Pechino. Parlando con il Daily China, Cui Tiankai, vice-ministro degli Esteri cinese ha fatto capire che se ci sarà il sì alla legge potrebbe scatenarsi una guerra commerciale tra le due maggiori economie del mondo.
«Il disegno di legge non rappresenta in nessun modo la realtà delle relazioni economiche e commerciali» tra i due Paesi, ha detto ancora Cui, aggiungendo che sarebbe dannoso per i rapporti economici e potrebbe avere un impatto negativo sulle relazioni bilaterali.
Lo yuan è peraltro salito al suo livello più alto rispetto al dollaro da 17 anni. La banca centrale cinese ha fissato stamani il valore nominale della sua valuta contro il dollaro a 6,3483 contro 6,3586 di lunedì. Dal giugno 2010, la valuta cinese può variare ogni giorno, ma solo in un margine molto ristretto di più o meno il 0,5% intorno al tasso centrale quotidiano.
Dal giugno 2010, lo yuan si è apprezzato di circa il 7% contro il dollaro, rendendo più conveniente l'importazione in Cina, danneggiando invece gli esportatori cinesi, che spesso operano con margini molto stretti. Pechino in passato ha spesso rivalutato la sua moneta prima di scadenze politicamente sensibili.
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