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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2011 alle ore 09:38.

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Si prende un impegno, pubblicamente: in 20 anni, in una sola generazione, raddoppiare il prodotto interno lordo. «È la nostra scommessa di imprenditori. Lo possiamo fare, lo abbiamo già fatto: dal 1950 al 1961, in soli 11 anni, il Pil italiano duplicò. È un meta ambiziosa ma raggiungibile: è il momento di invertire la rotta per tornare ad essere grandi».

Jacopo Morelli, presidente dei Giovani inmprenditori di Confindustria, mette però una condizione: che vengano realizzate le riforme strutturali per cambiare il paese. «Non piccole continue manovre, ma una nuova fondazione». E quindi interventi per ridurre il debito e il perimetro dello Stato, una revisione complessiva del sistema fiscale, un nuovo welfare, la riforma della giustizia, le liberalizzazioni, infrastrutture adeguate, l'energia. «Come imprenditori prendiamo questo impegno, con le riforme metteteci in grado di onorarlo».

Il messaggio è rivolto alla politica. Inevitabilmente. Ma i politici qui al convegno di Capri, dal titolo 'Alziamo il volume, diamo voce al futuro' non ci sono: benvenuti in platea (oggi dovrebbe arrivare il ministro dell'Interno, Roberto Maroni), ma non sono stati chiamati sul palco a parlare. Motivo: «nel giugno scorso abbiamo avanzato una serie di proposte. Ma non abbiamo avuto risposte. Invece le aspettiamo, e le aspetta il paese per ricominciare a crescere».

Morelli però precisa: «non siamo contro la politica, anzi ne vogliamo una forte, perchè una debole, incapace di fare le riforme si basa solo sul consenso immediato e non si impegna per costruirlo su temi cruciali». E ancora: «la politica deve passare dal dire al fare, dagli annunci all'azione». Il presidente del Giovani non dà giudizi espliciti sul governo. Ma sottolinea la mancanza di leadership dell'Italia: «abbiamo bisogno di leader che sappiano spiegare, convincere, agire. L'unica prova concreta della capacità di leadership è la cacità di guidare». E quindi «servono decisioni coraggiose» per permettere al paese di superare la crisi. «Non siamo la Grecia, ma non siamo neanche la Germania. Occorre decidere e le opzioni sono chiare: o riduciamo il debito, con una robusta crescita, o ci arrendiamo ad una rovinosa discesa», ha detto Morelli, sottolineando che «una leadership si valuta per l'eredità che lascia».

Per modificare il rapporto con la politica, «basandolo sull'etica, sulla competenza e sul rispetto reciproco e quindi sul rapporto lineare tra eletto ed elettori» occorre secondo il presidente dei Giovani, «un'immediata modifica della legge elettorale che vada in questa direzione».
Morelli cita una frase di Mario Draghi, presidente in pectore della Bce: «la crescita economica non può fare a meno dei giovani, nè i giovani della crescita». Ecco, sono le nuove generazioni al centro della sua battaglia, da quando è stato nominato presidente dei Giovani di Confindustria. Un tema che sta molto a cuore anche al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ieri ha inviato un messaggio dicendo che «bisogna restituire ai giovani il diritto ad essere protagonisti nella costruzione del proprio futuro».

Parole che Morelli ha rilanciato, avanzando di nuovo le propose presentate al convegno di giugno di Santa Margherita: ridurre le aliquote fiscali per i giovani e le donne; abbassare il cuneo contributivo per chi entra nel mondo del lavoro; detassare le nuove imprese; abolire il valore legale del titolo di studio. Occorre anche innalzare l'età pensionabile a 70 anni, escludendo i lavori usuranti, abolire le pensioni di anzianità, equiparare da subito il sistema previdenziale per uomini e donne.

Non c'è tempo da perdere: la previsione del pil per il 2012 è zero, in calo del 7% rispetto al 2007, arretrando ai livelli di 13 anni fa. Oltre alle misure interne, occorrono anche interventi sovranazionali, «anche se l'Italia deve avere la forza e la dignità di salvarsi da sola».

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