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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2011 alle ore 08:08.

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TOKYO - I mercati azionari asiatici aprono la settimana in picchiata, il dollaro si indebolisce e l'oro tocca un nuovo record, nonostante gli sforzi dei leader del G7 per calmare gli investitori dopo il declassamento del debito sovrano statunitense deciso da Standard & Poor's: la fuga dagli asset di rischio continua in un'atmosfera di grande nervosismo, che si estende ai dubbi sui segnali che la Federal Reserve potrà inviare domani.

L'indice azionario Morgan Stanley Asia-Pacifico (Giappone escluso) risulta in calo di circa il 4,5% ai minimi da circa un anno, trainato dalle performance negative di Hong Kong e Seul. La Borsa di Tokyo ha chiuso la seduta in calo del 2,18%, scontando il downgrade del rating Usa deciso da Standard & Poor's: l'indice Nikkei si attesta a 9.097,56, con una perdita secca di 202,32 punti.

L'indice Kospi di Seul è arrivato a cedere oltre il 7%, inducendo i responsabili della Borsa a sospendere per cinque minuti il "program trading" e per 20 minuti le contrattazioni sul listino secondario. Il dollaro ha toccato un nuovo record negativo sul franco svizzero sotto 0,75 e contro lo yen si è sceso sotto quota 77, declinando anche nei confronti dell'euro dopo i segnali di disponibilità della Bce a comprare titoli italiani e spagnoli.

L'oro, bene-rifugio per eccellenza, è andato a un nuovo massimo oltre i 1.700 dollari l'oncia, mentre il petrolio e altre materie prima accusano un cedimento intorno a 3% per i timori di un rallentamento dell'economia globale.

La stessa agenzia Standard & Poor's ha emesso oggi un comunicato che dovrebbe calmare un po' le apprensioni in Asia, affermando che il dowgrading americano non avrà immediati effetti sulla valutazione dei debiti dei paesi della regione, sempre che i mercati finanziari non tracollino. Tuttavia, ha avvertito S&P's, «se si dovesse verificare un nuovo slowdown (economico), questo probabilmente avrà una più profondo e prolungato impatto» sulla regione rispetto a quello dell'ultima crisi globale del 2008.

Il capo dell'Autorità Monetaria di Hong Kong, Norman Chan, ha dichiarato oggi che la città-stato non ha alcuna intenzione di modificare il sistema in vigore dal 1983 che ancora il dollaro locale al dollaro americano in quanto rappresenta «il fondamento della stabilità valutaria e finanziaria di Hong Kong». I mass media cinesi continuano però a sferzare gli Stati Uniti con l'accusa di inadeguatezza (estesa al loro sistema politico) nella protezione degli investitori e nell'onorare i loro obblighi (finanziari e non) verso il resto del mondo.

Il ministro delle finanze giapponese Yoshihiko Noda ha dichiarato che la fiducia dei mercati nel dollaro e nei Treasuries non è venuta meno nonostante la perdita del rating di tripla A, rendendo evidente che per Tokyo non ci saranno problemi a mantenere il suo stock di titoli Usa (per 912 miliardi di dollari, secondo i dati a fine maggio) e a continuare ad acquistarli.

Del resto, giovedì scorso le autorità nipponiche sono intervenute sul mercato aperto per acquistare dollari al fine di frenare l'ascesa dello yen. Noda non è riuscito a far inserire nel comunicato del G7 un linguaggio più esplicito a supporto presente e futuro dell'intervento sui cambi ma ha comunque ottenuto l'impegno del G7 a «strette consultazioni riguardo alle azioni sui mercati valutari» che lascia aperta la strada a eventuali mosse coordinate (come accaduto il 18 marzo scorso quando lo yen tocco' il record storico a 76,25 sul dollaro). Oggi su Noda è piovuta una nuova tegola da parte di Moody's, secondo cui l'intervento sul mercato dei cambi, in quanto inefficace nell'invertire la tendenza, è negativo per il rating sovrano giapponese: l'agenzia americana segnala così che un declassamento del Giappone, già minacciato con l'outlook negativo, si sta avvicinando.

Intanto nel primo semestre 2011, per la prima volta dal 1985 (quando iniziarono le statistiche), la bilancia commerciale giapponese relativa alle merci risulta in rosso su base semestrale, per 501,1 miliardi di yen, in quanto l'export è sceso del 2,3% a causa di terremoto e superyen (mentre l'import è salito del 14,1%). Tuttavia a giugno la bilancia commerciale è tornata in nero nelle merci per 131,5 miliardi di yen dopo due mesi in rosso, mentre si è confermato un deficit nel settore servizi legato al crollo degli ingressi turistici. Nel complesso, in giugno il surplus delle partite correnti è sceso del 50,2% a 526,9 miliardi. La popolarità del premier Naoto Kan, secondo due ultimi sondaggi, è scesa a nuovi minimi storici tra il 15 e il 18%; tuttavia il 67-68% dei giapponesi si mostra favorevole alla sua idea di una progressiva rinuncia all'energia nucleare.

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