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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2011 alle ore 16:37.

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Sempre più gelo tra le due sponde della Manica. Baroin: «Noi francesi stiamo meglio dei britannici». Nella foto il ministro delle Finanze francese, Francois Baroin (AP Photo)Sempre più gelo tra le due sponde della Manica. Baroin: «Noi francesi stiamo meglio dei britannici». Nella foto il ministro delle Finanze francese, Francois Baroin (AP Photo)

Sempre più gelo tra le due sponde della manica dopo la rottura al vertice europeo con la mancata adesione di Londra all'unione fiscale proposta da Francia e Germania. Dopo il governatore della Banca di Francia Noyer, che ha attaccato le agenzie di rating sostenendo che dovrebbero declassare la Gran Bretagna prima che la Francia, è la volta del ministro delle Finanze francese, Francois Baroin.

«Preferiamo essere francesi che britannici, al momento, dal punto di vista economico» dice Baroin e rivolgendosi a Londra afferma: «Non voglio ricevere lezioni, nè farne».

Oggi la stampa del Regno Unito ha reagito sdegnata alle frasi di Noyer. «Oltraggiose e completamente sbagliate» le ha definite The Times, aggiungendo che «no spetta a un banchiere centrale premere per il downgrading del credito di un altro paese». Al vetriolo anche le reazioni del tabloid popolare che definisce «perfido» Noyer e sottotitola «Gall of Gaul» e cioè «bile francese».

«Scopri chi sono i tuoi amici quando sei in crisi» scrive ha sua volta il Sun invitando i suoi lettori a non sorprendersi se il capo della Banca di Francia cerchi di migliorare la posizione del suo paese sabotando gli altri. E poi l'attacco frontale: «Monsieur Noyer sei un pazzo a Tripla A». Non meno duro il Daily Telegraph: «La Francia dichiara guerra alla Gran Bretagna».

Numeri alla mano però i francesi non hanno tutti i torti. Con la crisi del 2008 infatti, Londra è stata costretta a pesanti salvataggi bancari. Questo ha fatto schizzare il deficit/Pil al 9% (peggio di Italia, Spagna e Portogallo). Anche la Francia ha un deficit più basso (pari al 6 per cento).

Nonostante questi conti non certo brillanti e una crescita modesta, i tassi di interesse sui titoli britannici sono comunque ai minimi storici. Il decennale britannico offre un rendimento poco sopra il 2%, ai livelli della solidissima Germania. I corrispondenti titoli francesi invece danno l'interesse del 3,19%. Un anno fa il differenziale era invertito con i tassi sul decennale britannico al 3,73% e quelli francesi al 3,37 per cento.

I tassi sui titoli britannici non sono giustificati dai fondamentali quindi ma dal fatto che la Gran Bretagna è fuori dall'euro. In questi mesi quindi ha potuto avvantaggiarsi del cosiddetto "flight to quality" in atto sul mercato dei titoli di stato. In sostanza gli investitori preoccupati per la crisi dei debiti hanno venduto i titoli dei paesi periferici dell'Eurozona (ma anche quelli della Francia) e acquistato titoli considerati più sicuri come il bund tedesco, i treasuries americani e, appunto, i gilt britannici.

Inoltre la Bank of England, a differenza della Bce di Draghi, ha varato consistenti piani di acquisti di titoli di stato. L'ultimo, da 275 miliardi di sterline, è stato confermato proprio al recente direttivo. In questo modo si è comportato da prestatore di ultima istanza. Ha fatto cioè capire al mercato che non ha problemi a stampare moneta e a garantire che il debito pubblico di sua Maestà sarà ripagato. Tutto l'opposto della Bce che invece non può stampare moneta, avendo come unico compito quello di tenere sotto controllo l'inflazione.

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