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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2012 alle ore 16:27.

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Da Bernanke a Citigroup. Fino a S&Poor's. In 24 ore parole dure contro l'Eurozona. È un caso?Da Bernanke a Citigroup. Fino a S&Poor's. In 24 ore parole dure contro l'Eurozona. È un caso?

Prima Bernanke sull'Eurozona. Poi Standard & Poor's sull'Italia sempre «maggiore fattore di rischio». Nel mezzo Citigroup sulla Spagna, «mai così vicina al default». Nel giro di poche ore sono arrivate dagli Stati Uniti una raffica di indicazioni negative che colpiscono nel cuore l'Eurozona, reduce da oltre due mesi di recupero sia sul mercato azionario che sul versante obbligazionario. Resta il fatto che gli spread dei Paesi periferici proprio da ieri hanno ripreso la strada al rialzo con lo spread Italia-Germania tornato in area 320 e quello Spagna-Germania a quota 360. Prese di profitto, sostengono alcuni analisti. Attacco degli Stati Uniti, sostengono i malevoli.

Certo, sull'andamento dei mercati europei, non va trascurato l'impatto degli ultimi dati macro (indice Pmi) che evidenziano, dalla Cina all'Eurozona, un quadro negativo con molti Paesi (comprese le locomotive europee Francia e Germania) sotto la soglia critica dei 50 punti (solo al di là della quale si inizia a parlare di crescita).

Resta il fatto che il tono delle dichiarazioni si è appesantito dopo settimane di calma piatta e di mercati con il vento in poppa. Il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, ieri non ha usato mezzi termini: «La situazione dell'Eurozona resta difficile. Gli Usa la monitorano da vicino e se sarà necessario sono pronti ad agire». Lo stesso ha quindi aperto a un nuovo potenziale quantitative easing per rinforzare l'economia statunitense da un eventuale contagio europeo. Esortando il Vecchio Continente a compiere un passo avanti «verso l'unione fiscale».

Non da meno le dichiarazioni del segretario al Tesoro, Timoty Geitner: «Prima che l'Europa imbocchi la via della ripresa, passerà molto tempo e gli Stati Uniti non hanno neanche preso in considerazione l'idea di comprare debito di Paesi in difficoltà».

La banca americana Citigroup ha invece preso di mira in un report, in particolare, Madrid: «La Spagna è a rischio più di quanto sia mai stata. Le deboli prospettive economiche e fiscali della Spagna saranno probabilmente causa di particolare preoccupazione». Per l'economista Juergen Michels, la contrazione sarà guidata «dall'ampia stretta fiscale», anche se il rapporto deficit/Pil «sarà probabilmente, ancora una volta, chiaramente superiore» all'obiettivo del governo. Citigroup prevede infatti per la Spagna un deficit/Pil pari al 6,6%, mentre l'obiettivo di Madrid è pari al 5,3%.

E poi, questa mattina, sono arrivate, da un convegno a Francoforte, le parole del responsabile del debito sovrano dell'agenzia di Standard & Poor's. Per Moritz Kraemer: «L'Italia resta nell'occhio della tempesta e rappresenta il maggiore fattore di rischio per l'intera Eurozona, anche perché le buone notizie sono già tutte note, sia le energiche riforme del governo italiano e sia i prestiti triennali concessi alle banche dell'Eurozona da parte della Bce».

Insomma, istituzioni e banche americane, sarà forse per una strana coincidenza, nelle ultime 24 ore hanno inondato l'Eurozona con frasi non di poco conto.

La risposta del governatore della Bce, Mario Draghi, da molti considerato filoamericano per via delle due manovre di liquidità in favore delle banche europee (a dicembre e a fine febbraio paragonate da molti a una sorta di quantitative easing in salsa europea) non è tardata ad arrivare dalle pagine della Bild: «Per l'Eurozona il peggio è alle spalle». Sarà.

www.twitter.com/vitolops

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