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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2013 alle ore 12:35.
L'ultima modifica è del 16 gennaio 2013 alle ore 12:29.

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Più lo mandi su, più ti tira giù. Una regola che vale per qualsiasi valuta e che in questi giorni sembra che venga applicata ad arte da Paesi e banche centrali in un rinnovato round della guerra delle valute. Una guerra che in questo momento vede l'euro come fanalino di coda. Complice un paradosso che lega a doppio filo economia e finanza nell'Eurozona, ovvero la correlazione diretta tra bond della periferia, euro, mercati azionari.

Cosa sta accadendo? I mercati finanziari corrono (da novembre Piazza Affari ha segnato un rialzo del 20% portandosi al top dei listini del Vecchio Continente nella performance di periodo) perché anticipano la mini-ripresa economica che potrebbe arrivare a fine 2013-inizio 2014, stando alle dichiarazioni del governatore della Bce Mario Draghi. Ma correndo fanno salire anche l'euro (che si sta apprezzando sulle principali valute), la cui accelerazione rischia di compromettere la mini-ripresa auspicata, perché potrebbe penalizzare il già vacillante export europeo.

Cerchiamo di approfondire il paradosso in cui è piombato l'euro. Da due mesi è aumentata la propensione al rischio e gli investitori acquistano asset class considerate più rischiose (perché in grado potenzialmente di offrire rendimenti superiori rispetto ai titoli rifugio privilegiati invece nelle fasi di avversioni al rischio).

Così, in questa fase sono tornati nuovamente attraenti bond del Sud Europa (come evidenzia il calo dei rendimenti dei BTp e dei Bonos e il contestuale rialzo dei prezzi), corporate bond (come testimonia il boom di emissioni di obbligazioni da parte delle società) e titoli azionari (del buon andamento di Piazza Affari abbiamo già detto, ma si sono mossi bene anche tutti i principali listini occidentali e orientali).

Ma nell'elenco delle asset class più acquistate c'è anche l'euro, la valuta utilizzata al momento da 17 Paesi dell'Unione europea. Dal 9 novembre la moneta unica si è apprezzata del 17% sullo yen e del 5% sul dollaro (guarda il grafico della corsa dell'euro). E continua a ricevere apprezzamenti da parte degli analisti finanziari secondo cui potrebbe arrivare a 1,4 dollari (quindi circa l'8% in più rispetto agli attuali 1,33, cambio euro/dollaro e convertitore di valute).

Bene, viva l'euro. Il super-euro, verrebbe da dire. Tuttavia, analizzando questa rinnovata corsa all'euro a 360 gradi vien da dire che questo apprezzamento può portare più svantaggi che vantaggi. Quando una valuta si apprezza, infatti, uno dei vantaggi principali è una pressione a ridurre l'inflazione. Tuttavia, in un contesto, come quello attuale in cui i consumi sono in calo generalizzato (e dato che contribuiscono per oltre il 50% nella formazione del Pil in molti Paesi dell'Eurozona spiegano la recessione in corso nell'area euro) le preoccupazioni di un rincaro dei prezzi sono già di fatto ridimensionate. Quindi una super-valuta che riduca le pressioni inflazionistiche (di per sè basse causa la recessione) non serve in questo momento granché.

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