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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 10:54.

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Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)

"Forse gli investitori non hanno capito più nulla. Sui mercati si è creata una gran confusione. In quel preciso momento ho avuto la netta sensazione che il rischio più grande per un Paese potesse diventare il suo rating". A parlare è Alexander Kockerbeck, capo analista per l'Italia di Moody's fino a metà luglio del 2012. Commenta con amarezza quanto accaduto il 13 luglio del 2012, giorno in cui l'Italia viene declassata da Moody's di due gradini, dalla A3 alla Baa2, calando al rating più basso mai avuto nella storia del rischio sovrano italiano, un gradino sotto S&P's (BBB+) e due sotto Fitch (A-) e a due soli notches dalla soglia della categoria speculativa junk (BB+). Questa ennesima bocciatura in luglio, la terza in nove mesi sull'Italia da parte di Moody's, non porta più la sua firma. Kockerbeck sottoscrive la retrocessione dell'Italia dell'ottobre 2011, di tre gradini, dalla Aa2 alla A2 e anche il declassamento successivo, sia pur con meno convinzione, dalla A2 alla A3 avvenuto nel febbraio del 2012. Poi in estate, getta la spugna.

Nella sua prima intervista sul caso Italia dopo le sue dimissioni, Kockerbeck spiega al Sole 24 Ore perché ha deciso di prendere le distanze da Moody's e da quello che lui oramai considera un "pericolosissimo circolo vizioso": "com' è noto, dopo lo scoppio della crisi dell'euro, l'agenzia di rating ha cambiato la metodologia sul rating sovrano e ha attribuito un peso maggiore al nervosismo del mercato, inserendolo nel modello di valutazione come rischio di perdita dell'accesso ai mercati per rifinanziare il debito - spiega -. Mi sembra giusto tener conto di questo rischio, però il ripetuto taglio del rating per motivi assai simili di per sè allontana gli investitori aumentando il rischio sulla capacità di funding e questo può innescare un circolo vizioso".

Quella che Kockerbeck chiama la "circolarità" del rating. Così la racconta: "Io mi metto davanti a un investitore e gli dico: secondo me c'è il pericolo che voi non compriate più i BTp italiani e siccome vedo il rischio che vi comporterete così, allora declasso l'Italia e per molti gradini ma a quel punto gli investitori dicono, siccome l'Italia viene retrocessa di molti notches noi i BTp non li compriamo più. Questa conferma da parte del mercato potrebbe addirittura provocare un ulteriore declassamento... Ecco la circolarità che può causare una spirale verso il basso, anche per il sistema bancario che tradizionalmente detiene un ammontare importante di Btp.".

Il declassamento di Moody's del luglio 2012 è stato letteralmente una doccia fredda. Storicamente Moody's veniva vista come l'agenzia di rating che più di ogni altra interveniva sul rischio sovrano con tempi lunghi, con una visione di lungo orizzonte che prescindeva dal ciclo economico e dai movimenti temporanei del mercato e che valorizzava per questo i punti di forza dell'Italia come il debito privato basso, il sistema bancario e industriale solido. Moody's aveva già declassato l'Italia di 4 gradini tra l'ottobre 2011 e il febbraio 2012: non ci aspettavamo di finire a livello di Baa2 la scorsa estate…

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