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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 10:54.

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Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)

Oppure i rating potrebbero essere dati all'interno di una gamma, da X a Y, una forchetta come avviene alle volte nelle previsioni del Pil di un paese. Secondo me il compito delle agenzie di rating è spiegare i rischi. Vanno dati più scenari, come potrebbero andare le cose, quali sviluppi sono possibili: e l'investitore dovrebbe essere lasciato libero di scegliere, se più pessimista o più ottimista, tra scenari diversi. Ma il rating business funziona con dei rating puntuali – che secondo me rappresentano una precisione finta. Come conseguenza si continua a cercare quel rating "giusto" che non esiste. Durante una crisi questo favorisce un cambiamento del rating, con tutte le potenziali conseguenze negative per il funzionamento dei mercati.

E in aggiunta le agenzie di rating dovrebbero anche promuovere gli Stati, non solo declassarli. Prendiamo il caso dell'Italia. Lo spread è calato fortemente quindi anche le tensioni e il rischio di perdita di accesso ai mercati ora è bassissimo, quasi nullo dopo lo scudo anti-spread e le OMTs. Se questo fattore era così importante nel declassamento, perché ora Moody's tarda a promuovere l'Italia?
Togliere l'outlook negativo sarebbe il primo segno da dare. La Banca d'Italia già all'inizio d'estate aveva dimostrato che oltre 200 punti dello spread dei BTp sui Bund tedeschi non potevano essere spiegati con fattori economici o fiscali. Durante la seconda metà del 2012 questi 200 punti sono spariti e il mercato italiano è diventato uno dei più interessanti mercati in Europa. Inoltre, è probabile che le riforme in Italia andranno avanti. Non posso immaginare che dopo le elezioni si formi una maggioranza pronta a bloccare le riforme o addirittura abolirle. L'esempio della Francia dimostra che anche in caso di cambiamento di forze politiche i margini di manovra rimangono stretti e orientati verso gli obiettivi di Bruxelles. Penso che in Italia la classe politica abbia capito il rischio che si corre in caso di perdita di fiducia. Comunque, Moody's sull'Italia alla fine ha surclassato Fitch e S&P. Moody's è divenuta la più pessimista delle tre. Fitch è sempre sulla A- mentre S&P si trova a livello di BBB+. Moody's è stata molto diversa dalle altre agenzie anche nella tempistica delle decisioni. I primi declassamenti sono arrivati all'inizio del 2012, subito dopo l'insediamento di Monti: poi Moody's è andata oltre mentre le altre agenzie sono rimaste ferme.

Lei che rating darebbe all'Italia adesso?
La A3, l'ultimo rating da me sottoscritto. Una singola A debole visto il contesto. Mi sono trovato a difendere l'Italia e i suoi punti di forza dentro Moody's ma anche durante conferenze davanti agli investitori. Per esempio insistevo nel far vedere le valutazioni del Fondo monetario: tenuto conto dell'avanzo primario, dell'indebitamento totale in Italia, (la somma del debito privato e pubblico) e del sistema pensionistico, gli indici di sostenibilità del debito pubblico italiano mostrano livelli ed andamenti molto più stabili che in altri paesi, addirittura più stabili che negli Usa e nel Giappone. E a quanto io sappia, in Italia non c'é un rischio "fiscal cliff" e non sono neanche previsti programmi fiscali di oltre 100 miliardi di euro come nel Giappone. Però, ho l'impressione che durante la crisi tutti questi fattori – che fanno un' importante differenza analitica - siano finiti nell'ombra del nervosismo.

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