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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2013 alle ore 10:54.

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Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)Alexander Kockerbeck (Imagoeconomica)

Si sono d'accordo con lei. Ricordo che Il Sole 24 ore titolò "un assist alla speculazione". In quel momento molto delicato Moody's si limitò a ripetere tutti i problemi e i punti negativi dell'Italia, già noti, secondo me senza bilanciarli con i punti di forza che c'erano e ci sono ancora. Mi sembra di vedere una certa asimmetria nell'argomentazione di quella retrocessione dell'Italia. Forse sbaglio, ma ho l'impressione che Moody's seguiva il "main stream" invece di dare un orientamento attraverso l'analisi: sul mercato c'era la paura che per motivi di contagio l'Italia potesse perdere l'accesso ai mercati. Allora, l'agenzia di rating deve dare le risposte alle domande del mercato: è giustificata questa paura? È un fenomeno temporaneo o strutturale? Quali sono le opzioni rimaste sia a livello paese che a livello europeo? Gli sviluppi nella seconda metà del 2012 dimostrano che sarebbe valsa la pena trattare queste domande in un'analisi di rischio. Oggi, come analista ed advisor indipendente, prendo in mano i documenti pubblicati da Moody's e mi sembrano indicare che a partire dal primo declassamento dell'Italia nel 5 ottobre del 2011 il criterio principale era ripetutamente il funding risk, derivato dal nervosismo sul mercato e da un "sentiment change".
 

L'aggravante in tutto questo è che le argomentazioni erano le stesse ma intanto di volta in volta il rating diminuiva fino a portarci a livello di Baa2 (BBB), a due gradini dal junk bond…
Infatti, in febbraio c'era stato il cosiddetto "riposizionamento" del rating di sei paesi europei, tra i quali l'Italia. Come si può leggere nel commento speciale pubblicato a questo proposito, questo riposizionamento dei rating serviva per tenere definitivamente conto dei rischi connessi alla crisi della zona euro, incluso un eventuale default o l'uscita di un paese dall'Unione monetaria. Quindi abbiamo tagliato l'Italia di un notch da A2 a A3 il 14 febbraio 2012 e io all'epoca accettai questa decisione anche se in parte ripetitiva rispetto a quella di ottobre. Poi in luglio, dopo soli quattro mesi, l'ulteriore declassamento dell'Italia, di altri due gradini a Baa2. Il comunicato stampa enumera i motivi: funding risk, rischio contagio con una più probabile uscita della Grecia dall 'euro, crescita debole dell'economia italiana. A quel punto posso immaginare che alcuni investitori abbiano avuto l'impressione che si trattava praticamente di ripetere gli stessi argomenti e ogni volta far scendere il rating. È come se un giudice dicesse "hai commesso questo reato, vai dentro un anno e poi dopo qualche mese lo stesso giudice dice, questa volta non vai in prigione un anno ma tre anni sullo stesso reato". Sorprendente.

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