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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2010 alle ore 20:05.
YOUNIS TAWFIK, GIORNALISTA E SCRITTORE IRACHENO
Penso al danno che ha subito l'Islam e i musulmani nel mondo con quell'attentato. E soprattutto l'Iraq, il mio paese. E' vero che è servito per cancellare il regime di Saddam Hussein, ma non ha portato a grandi benefici. Ancora oggi gli iracheni sofftrono molto. Il mio pensiero va prima di tutto alle vittime. Il giorno dopo l'11 settembre scesi subito in piazza a Torino con tutti gli amanti della pace, per condannare l'attentato ed esprimere solidarietà agli Stati Uniti. Quella data segna una svolta nei rapporti tra l'Islam e l'Occidente.
Da quel giorno è cambiato l'interesse nei confronti dell'Islam come religione, si è cercato di capirla meglio di conoscerla. Dall'altra parte però la lotta contro il terrorismo è stata miope e non ha avuto esiti. Quel giorno ero in macchina, stavo tornando da Parma con il ministro del lavoro dello Yemen. Lo abbiamo appreso quando l'autista ha acceso la radio. Ricordo le parole del ministro Yemenita che ha detto "Bin Laden è uno di noi, mi dispiace, me ne vergogno". Siamo rimasti scioccati e abbiamo capito subito che quell'atto criminale non solo avrebbe colpito l'Occidente ma sarebbe stato un enorme danno anche per l'Islam.
Per la prima volta quest'anno l'11 settembre cade subito dopo la festa di fine Ramadan, una festa che simboleggia la fine della lotta contro tutti i vizi, le debolezze, le menzogne del mondo. L'11 settembre resterà per sempre un giorno della memoria, una ricorrenza per ricordare come quella della Shoah. La lotta al terrorismo, in seguito a questo anniversario, dovrà cambiare volto, prendendo la forma del sostegno al dialogo e alla conoscenza. Il terrorismo decade solamente quando decade il sostegno socio-culturale che lo alimenta. (Testo raccolto da Michela Finizio)
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